L’attenzione alla esistenza e alla intelligenza politica di Laura Conti è un segnale da salutare con fiducia verso il futuro. Per tutto quello che ha fatto, rappresentato e tribolato questa medica e scrittrice, partecipando alla Resistenza, partigiana arrestata e deportata nel lager di Bolzano, socialista poi dagli anni Cinquanta militante, spesso non convenzionale, del Pci, tra i fondatori della Lega per l’Ambiente, ecologista e amica della libertà femminile. Nelle foto che circolano è ritratta con un sorriso aperto e uno sguardo che sapeva vedere lontano, il vivente e le conseguenze dei disastri causati dal profitto e dalla violenza dell’umano, ecco alcune delle sue lezioni che potrebbero interrogarci ancora oggi. LAURA CONTI È MORTA nel 1993 a Milano, aveva 71 anni e ci ha lasciato lavori importanti, sia saggistici che narrativi, contributi giornalistici da grande e acuta divulgatrice e osservatrice del presente quale è stata. Situato, il suo impegno politico nasceva da una saldatura tra prassi e teoria, un sapere critico e insieme un rigore della esperienza per cui le cose si fanno «per amore», non solo per sé stesse ma per un comune di tutte e tutti che abbia contezza di una «praticabilità della vita», come l’avrebbe definita Lucia Bertell, altra maestra di pensiero scomparsa troppo presto. Individuare allora un’attualità del pensiero e delle pratiche di Laura Conti, fuori da un certo strumentale ecologismo da pentimento del capitale, è un gesto politico con un senso preciso; lo ha pensato anche la casa editrice Fandango, con la sensibilità di Tiziana Triana, che ha raccolto in una operazione meritoria e radicale due libri: uno è la ripubblicazione del romanzo che Conti scrive nel 1978 Una lepre con la faccia di bambina (pp. 142, euro 13, con un’avvertenza di Marco Martorelli). Il secondo volume è a firma invece di Barbara Bonomi Romagnoli e […]