Erdogan vuole il Kurdistan e il Rojava. Dalla metà di aprile l’esercito turco ha dato il via a nuove operazioni militari
DI ROBERTA ZUNINI, IL FATTO QUOTIDIANO, 8 MAGGIO 2022
L’autocrate, anzi il “dittatore” di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, come lo aveva definito l’anno scorso il nostro presidente del Consiglio, Mario Draghi – per poi far rientrare la crisi alla prima occasione – si sta cinicamente approfittando della riabilitazione accordatagli dall’Europa – Italia compresa – in nome della mediazione tra Russia e Ucraina, per tentare di “rompere la testa” ai militanti curdi del Pkk fuoriusciti da anni nel nord dell’Iraq sulle montagne di Qandil e ai loro fratelli siriani delle Unità di protezione popolare curde, Ypg. Nel lessico “pacifista” usato recentemente dal sultano, rompere la testa significa però bombardare anche i civili di etnia curda, non solo i combattenti dell’organizzazione fondata da Abdullah Ocalan.
E significa, per giunta, arrogarsi il diritto di farlo sul territorio sovrano di altri Stati, per l’appunto Siria e Iraq, sfruttando le rivalità interne tra i clan tribali curdi e le fratture tra questi e le autorità dei governi centrali.
Così, nella distrazione generale del mondo che guarda solo alla battaglia in Ucraina, dalla metà di aprile l’esercito turco ha dato il via a nuove operazioni militari oltreconfine. Nella fascia settentrionale della Siria a maggioranza curda, nota anche come Rojava, i carri armati e i jet militari turchi hanno ricominciato a prendere di mira i miliziani dell’Ypg che furono indispensabili per sconfiggere l’Isis, mentre nel nord dell’Iraq e nel Kurdistan iracheno le bombe turche piovono sulle basi del Pkk. Nonostante i droni armati turchi siano precisi, a rimanere feriti o uccisi ci sono anche numerosi abitanti di queste aree il cui unico crimine è l’essere di etnia curda. Come gli yazidi, sterminati dai tagliagole dello Stato Islamico.
“Se Dio vorrà presto non ci sarà nessun posto chiamato Qandil”, ha tuonato il leader turco, che all’emittente Al-Arabya ha rivelato il sostegno del governo centrale di Baghdad a questa ennesima offensiva. Peccato che le autorità irachene abbiano convocato l’ambasciatore turco per protestare. Ma Erdogan ha fatto finta di nulla e ha proseguito nella violazione del territorio altrui, sapendo che l’esercito iracheno è un pigmeo mentre il suo è un gigante. Ankara ritiene di averne diritto per rafforzare la sicurezza nazionale. “Le Forze Armate turche hanno avviato questa operazione per ripulire le aree occupate nel nord dell’Iraq dalla presenza dei terroristi. Stiamo facendo tutto il possibile per contribuire al rafforzamento dell’integrità territoriale e unità politica di Iraq e Siria in modo che i nostri vicini possano vivere in sicurezza e in pace. Continueremo a farlo fino a che non raggiungeremo il nostro obiettivo”. Morale della fiaba horror: per rafforzare l’integrità territoriale degli Stati confinanti, Erdogan li invade e li bombarda. Da una settimana l’esercito turco è penetrato più profondamente nel territorio iracheno, come mai era accaduto prima, e gli scontri sono sempre più violenti.
Ciò che preoccupa la popolazione locale è che da qualche giorno anche i soldati di Baghdad stanno avanzando da sud per aiutare i turchi a sgominare le forze di autodifesa yazide che combattono con il Pkk. Il vicino turco è troppo potente per il debole Iraq che si deve adeguare ai desiderata del sultano. D’altra parte gli equilibri geopolitici dell’area sono estremamente complessi.
Il governo di Baghdad è molto legato anche all’Iran, che a sua volta combatte il Pjak, movimento curdo iraniano alleato del Pkk turco-iracheno. In diverse occasioni sono stati permessi reciproci sconfinamenti con l’obiettivo di colpire le postazioni del Pkk e dei suoi alleati.