Dei 25 mld annui, il 60% va in stipendi, il 28 in investimenti. Ma a bilancio ci sono richieste per 65 mld, soprattutto sistemi “combat” e nuovi mezzi Di SALVATORE CANNAVO’, IL FATTO QUOTIDIANO, 2 APRILE 2022 Una delle narrazioni che servono a giustificare l’aumento delle spese militari invita a non utilizzare la parola “riarmo”. Le spese militari riguarderebbero soprattutto l’efficienza delle forze, il personale, la logistica, l’addestramento, le sfide del futuro come cyber-security e soprattutto lo spazio che, senza che se ne parli, sta molto a cuore alle Forze armate. Ma è davvero così?Il Documento di programmazione pluriennale (Dpp) della Difesa mostra un’altra realtà, anche perché in sede di Stato maggiore si parla apertamente di forze armate più orientate alle spedizioni militari, più combat, per cui gli investimenti sul personale riguardano in primo luogo questa vocazione. Si discute anche di rivedere in radice il Modello di difesa italiano, ormai risalente agli anni 90 e quindi obsoleto.I numeri. Il bilancio a disposizione del ministro Lorenzo Guerini ammonta a 25 miliardi l’anno (24,5 secondo la Difesa, mentre l’Osservatorio Milex lo stima in 24,9) l’1,4% del Pil che l’obiettivo del 2% stabilito in sede Nato porterebbe a 38 miliardi. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio sulla spesa pubblica dell’Università Cattolica di Milano (Ocpi), l’Italia spende per il personale una cifra molto consistente pari al 60,5% contro una mediana dei Paesi Nato del 47,9. Gli Usa spendono il 37,5%, la Gran Bretagna il 32,7, la Francia il 42,5 e la Germania il 41,7. Difficile fare peggio. Questo nonostante l’Italia abbia ridotto i suoi effettivi dai 176 mila del 2012, anno della legge 244 che prevedeva di passare a 150 mila effettivi entro il 2024, agli attuali 162 mila. C’è ancora molto da fare e soprattutto occorre capire come applicare l’orizzonte strategico: “Una priorità rimane comunque […]