di Leonardo Bison “Signori ministri, segnaliamo con estrema preoccupazione l’ennesimo tentativo di sospendere le norme di tutela previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, contenuto nella bozza del dl Semplificazione delle procedure autorizzative per i lavori di costruzione di impianti per le energie rinnovabili finanziati con il Recovery plan”. Inizia così la lettera che le associazioni del settore archeologico (che rappresentano imprese, professionisti e lavoratori, docenti universitari e amministrazioni pubbliche) hanno inviato ai ministri della Cultura, dei Trasporti e della Transizione ecologica. La bozza di decreto voluta dal ministro Roberto Cingolani contiene, infatti, una serie di provvedimenti che preoccupa i tecnici. Il Testo (che insieme al decreto che fisserà la governance del Recovery dovrebbe arrivare la prossima settimana) è al centro di un braccio di ferro con il titolare dei Beni culturali Dario Franceschini – al punto che, in queste ore, parti molto controverse come questa potrebbero saltare o finire in un altro decreto – perché andrà a restringere o sospendere l’operatività degli uffici che si occupano di tutela ambientale, paesaggistica e archeologica, rispecchiando l’idea di Cingolani di ridurre i paletti che ostacolano i progetti che saranno finanziati dal Recovery. Come? Anzitutto, proponendo di limitare le valutazioni di impatto ambientale alle sole aree già vincolate. “Si finge che tutto sia già conosciuto e, quindi, vincolato dove necessario. Ma non è affatto così. E chi ha scritto quella bozza lo sa – spiega senza Andrea Camilli, funzionario ministeriale e presidente di Assotecnici –. La tutela ambientale e archeologica, al contrario di quel che vuole la vulgata, è stata esercitata con estremo buon senso e criterio. Le Soprintendenze, che nei decenni hanno cercato di vincolare meno aree possibili, proprio per permettere all’Italia di costruire e innovarsi, oggi possiedono prerogative che permettono di tutelare il paesaggio anche al di fuori delle […]