“Ultimamente i fondi Esg hanno avuto un buon andamento. Sin dal suo avvio alla fine del 2018, ad esempio, il fondo Esg statunitense di Vanguard ha reso il 28%, molto di più del 17% del suo maggior Etf azionario. Ma se si guarda alle maggiori quote azionarie del fondo Esg, che rappresentano un quarto del valore del fondo, si scopre che sono Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Google e Tesla, ovvero le azioni tecnologiche che di recente hanno trainato al rialzo le Borse. Ma allora l’Esg esiste davvero? E se le azioni tecnologiche diventassero troppo care e i loro rendimenti crollassero, significherebbe che l’Esg è diventata improvvisamente una cattiva strategia?”, si chiede Armstrong.
L’illogicità dell’equazione “più sostenibile uguale più redditizio” emerge anche dall’analisi intitolata “Amore, mi si è ristretto l’extrarendimento Esg” pubblicata ad aprile per Scientific Beta da Giovanni Bruno, analista quantitativo senior e ricercatore accademico, Mikheil Esakia, analista di ricerca quantitativa, e Felix Goltz, direttore della ricerca. I tre studiosi hanno esaminato strategie azionarie che sfruttano le informazioni sui rating Esg, verificando se queste strategie consentono di ottenere una sovraperformance degli investimenti. Scientific Beta è un istituto di ricerca finanziaria istituito a dicembre 2012 dalla Business school di Edhec, la Scuola di alti studi economici del nord della Francia fondata nel 1906 che ha sedi a Lille, Nizza, Parigi, Londra e Singapore. Secondo i tre ricercatori, “non ci sono prove concrete a sostegno delle recenti affermazioni secondo cui le strategie Esg generano sovraperformance”. I tre analisti hanno costruito 12 diverse strategie di gestione finanziaria basate sui principi Esg e hanno controllato i vantaggi in termini di performance per gli investitori. Il risultato, a prima vista, sembrava positivo: “I rendimenti semplici delle strategie Esg sembrano interessanti, con rendimenti annualizzati fino a quasi il 3% all’anno. Ma quando si effettuano controlli approfonditi, nessuna delle 12 strategie costruite sui principi Esg raggiunge una sovraperformance significativa”. Bruno, Esakia e Goltz sostengono che i tre quarti della sovraperformance apparente degli strumenti finanziari basati su principi sostenibili è dovuta a “fattori costruiti meccanicamente sui bilanci” e che queste strategie Esg non offrono una protezione significativa dal rischio di ribasso. La conclusione è che “la recente forte performance delle strategie finanziarie Esg può essere collegata a un aumento dell’attenzione degli investitori. I flussi in fondi di investimento sostenibili mostrano che l’attenzione agli Esg è aumentata notevolmente dal 2013”.
L’analisi dimostra che l’extrarendimento di questi fondi durante i periodi di basso interesse del pubblico è fino a quattro volte inferiore a quello ottenuto nei periodi di alti flussi di investimento: “Gli studi che si concentrano sul periodo recente tendono a sovrastimare i rendimenti Esg. Omettere gli aggiustamenti per il rischio e selezionare un periodo recente con forti afflussi consente di documentare una sovraperformance dove in realtà non c’è”, concludono i ricercatori. L’analisi di Scientific Beta non mette in dubbio il valore ambientale, sociale e di governance e nemmeno i vantaggi di copertura del rischio climatico, di riduzione dei contenziosi legali o di impatto sociale positivo dei fondi gestiti secondo strategie Esg, ma smantella la mitologia secondo la quale la sovraperformance di rendimento di questi strumenti finanziari sarebbe dovuta al fatto che le strategie Esg “fanno bene facendo del bene”.
Quanto a BlackRock, le sue affermazioni secondo le quali avrebbe sviluppato una acuita sensibilità ai temi ambientali, sociali e di governance sono state fatte letteralmente a pezzi da numerose analisi che sostengono che i suoi proclami di investimenti “etici” e “sostenibili” sono menzogne. L’ultimo attacco di alcuni gruppi ambientalisti, condotto nei giorni scorsi, è relativo agli investimenti del gigante dei fondi comuni di investimento (che amministra qualcosa come 9mila miliardi di dollari, quasi 7.400 miliardi di euro) in aziende indonesiane che coltivano la palma da olio. BlackRock ha investito in Astra Agro Lestari, un gruppo asiatico sotto accusa per l’accaparramento di terreni e l’inadeguatezza dei suoi standard ambientali. A ottobre scorso BlackRock si era unita agli azionisti che criticavano Procter&Gamble per la catena di fornitura di alcuni suoi prodotti che includono l’utilizzo dell’olio di palma. P&G aveva chiesto a Wilmar International, un suo fornitore di Singapore, di verificare gli standard Esg di Astra Agro Lestari, una societa controllata dal gruppo indonesiano Astra International accusata da attivisti di land grabbing e scarsa attenzione all’ambiente. Secondo i dati di Bloomberg, la società di fondi statunitense è il terzo maggior investitore di Astra International con circa 290 milioni di euro. “È incoerente che BlackRock spinga P&G a ripulire la sua catena di fornitura mentre al contempo continua a trarre profitto dalla stessa catena”, ha affermato al Financial Times Lara Cuvalier, responsabile delle campagne per gli investimenti sostenibili della Ong Reclaim Finance. Già a novembre 2018 il New York Times aveva segnalato il land grabbing e la distruzione della foresta tropicale del Borneo causata dall’estensione delle piantagioni di palma da olio finanziate anche da BlackRock.
Insomma, a volte gli investitori devono scegliere tra i propri valori e il proprio portafoglio, accettando di ottenere rendimenti inferiori in cambio di risultati sociali positivi, un ambiente più sano e meno povertà. Anche perché la narrativa “più sostenibile uguale più redditizio” ha un grosso rischio: secondo l’amministratore delegato di Scientific Beta, Noël Amenc, “se prospettano un extrarendimento Esg basato su risultati distorti e privi di valore, i promotori degli investimenti sostenibili possono finire per deludere gli investitori sulla presunta sovraperformance, allontanandoli nel tempo da un tema importante per l’economia sostenibile e lo sviluppo”.