Da Draghi ai dragaggi: non è solo il premier ad accomunare la maggioranza, ma pure la voglia di smantellare la normativa ambientale sull’escavo dei fondali dei porti. Lo testimonia una risoluzione promossa dai deputati di Italia Viva Luciano Nobili e Raffaella Paita, prima appoggiata dalla Lega e poi approvata – ancorché edulcorata – all’unanimità dalle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera. I fondali dei porti italiani, soggetti per decenni a sversamenti industriali, sono oggi più o meno seriamente contaminati. Quando li si draga, per mantenere o ampliare l’accessibilità nautica, occorre quindi esaminare “cosa” si scava, per evitarne o limitarne la dispersione e sceglierne la destinazione. In caso di materiali pericolosi si provvede al trattamento in discarica o allo sversamento in vasche di colmata impermeabilizzate: soluzioni sicure, ma onerose. Problema: complice l’assenza di un piano nazionale che definisca cosa, quanto e come dragare, le Autorità portuali si ritrovano spesso a non sapere né è a quali risorse attingere né dove mettere i fanghi. Il tema è assai sentito dall’industria marittima che, in una dinamica di crescente gigantismo navale, vuole fondali più e più spesso approfonditi, ovviamente con costi in capo allo Stato. L’istanza dell’industria del settore è stata subito raccolta da Italia Viva, che l’ha tradotta in un alleggerimento della normativa, senz’altro complessa ma puntuale e prudente dopo la revisione del 2016 a cui avevano collaborato pure Ispra, Cnr e Iss. La risoluzione originale e un ddl depositato da Nobili e Paita prevedevano la sospensione per un anno delle analisi ecotossicologiche e l’abolizione dei limiti quantitativi previsti per il riversamento in mare. Assoporti, l’associazione delle Autorità portuali, ha rincarato proponendo di triplicare il limite temporale di conferimento in siti provvisori o di cancellarlo in caso non ci siano i soldi per discarica o vasca di colmata, nonché di consentire la reimmersione […]