I socialdemocratici di Siumut hanno ottenuto il 29% dei voti, migliorando di due punti il risultato del 2018, ma i vincitori sono gli ambientalisti di sinistra e indipendentisti di Inuit Ataqatigiit (Comunità Inuit) passati dal 26 al 37%. Al terzo posto i centristi indipendentisti di Naleraq con il 12% (stabili) mentre i Democratici, di centrodestra, sono crollati dal 19 al 9%. A IA, che potrebbe formare ora un governo insieme a Naleraq, sono arrivate le congratulazioni dei partiti della sinistra danese, la Lista Unita rosso-verse e il Partito Popolare Socialista. L’enorme isola a nord del Circolo Polare Artico ha solo 56mila abitanti, ma le elezioni di martedì per il rinnovo dei 31 membri dell’assemblea della Groenlandia sono state seguite con attenzione in tutto il mondo, in particolare dagli Usa e dalla Cina, ma anche dalla Russia, geograficamente dominante nel “passaggio a Nord-Ovest”. Gli appetiti dei diversi contendenti sono molteplici. A Washington, che da decenni possiede nel territorio inserito nella Nato varie basi, tra cui una per il lancio di missili balistici, “l’isola verde” interessa soprattutto come trampolino per la corsa all’Artico e alle sue risorse, tanto che nel 2019 il governo di Copenaghen dovette declinare la strampalata offerta di Trump di acquistare il protettorato danese. Recentemente, gli Usa hanno offerto la loro collaborazione per la realizzazione di tre nuovi aeroporti nell’isola ricoperta quasi interamente dai ghiacci. Anche alla Cina fanno gola le strategiche riserve di terre rare (le seconde per consistenza al mondo) e i giacimenti di gas e petrolio che la rapida riduzione del permafrost, causata dal riscaldamento globale, sta rendendo sempre più accessibili. La riduzione dei ghiacci, inoltre, sta facendo diventare interessanti e praticabili i collegamenti marittimi commerciali nella regione artica. L’accordo raggiunto nel 2009 tra Copenaghen e Nuuk ha rafforzato l’autogoverno della Groenlandia in campo politico, sociale […]