La transizione ecologica non è una riforma ma una rivoluzione – Piero Bevilacqua, 31.03.2021 . Nel 1988 vengono avviati in Europa i programmi di set-aside per limitare gli eccessi di produzione agricola e alimentare. Un episodio legislativo, ma di grande portata simbolica Come bene argomentato da P.G. Ardeni e M. Gallegati lannunciata rivoluzione verde europea e la sua versione italiana, la transizione ecologica, sembrano esaurirsi in un progetto di innovazione tecnologica orientato a ridurre i gas climalteranti, a limitare gli impatti dell’energia fossile, a rendere insomma il mondo un po meno sporco e a continuare tuttavia nella «crescita». Come se il problema fosse solo questo. Cè un treno che corre a velocità crescente e in traiettoria lineare, senza stazioni e senza destinazione finale, che sembra voler uscire dalla terra e continuare nello spazio delle galassie, e lambizione è di fargli produrre meno fumo e meno rumore, ma spingendolo a correre ancora di più. Si fa finta di non capire (o non si capisce realmente) che il problema è il treno, non la qualità dei suoi carburanti. La grande questione è il capitalismo nella fase storica presente e nella configurazione dei suoi poteri a livello mondiale. Sino a poco meno di un secolo fa il capitalismo, nonostante le alterazioni prodotte nel corso del 1800, era un sistema compatibile con le risorse disponibili e con gli equilibri del pianeta. A partire dagli anni 30 del 900, durante la Grande Depressione, alcuni manager americani si accorgono di ciò che Marx aveva già colto a suo tempo: lindustria capitalistica produce molte più merci di quante i salariati e il mercato riescano ad assorbirne. Una contraddizione da cui si poteva uscire in due modi: rendendo più rapidamente deperibili le merci, programmandone lobsolescenza, e mettendo in piedi una gigantesca macchina pubblicitaria, in grado di inventare sempre […]