Covid, non solo visoni. Greenpeace: continuiamo a finanziare allevamenti intensivi che favoriscono la trasmissione di malattie infettive

 

Dopo che la Danimarca ha avviato la richiesta di sopprimere 17 milioni di visoni allevati, perché portatori di una variante mutata del Covid 19 che potrebbe rendere inefficaci i vaccini di prossima diffusione, sulla questione interviene anche Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia: «Questo preoccupante avvenimento riguarda i visoni, ma ogni giorno in tutto il mondo i maxi allevamenti intensivi rischiano di diventare focolai di malattie infettive.

Il sistema degli allevamenti intensivi va radicalmente cambiato e invece viene foraggiato con i fondi pubblici della Politica Agricola Comune (PAC).

I fondi pubblici, sia della PAC che del Recovery fund, dovrebbero invece essere utilizzati per una vera transizione del sistema e non per continuare ad alimentare un modello malato, che tra l’altro lascia indietro le aziende agricole di piccola dimensione e più ecologiche, che continuano a chiudere».

Greenpeace Italia fa notare che «il problema purtroppo non è circoscritto agli allevamenti danesi di visoni: altri virus stanno circolando negli allevamenti intensivi in altri luoghi del mondo, mentre mattatoi e macelli hanno ospitato focolai di Covid19 in diversi Paesi.

Mentre i nostri governi e l’Unione Europea sono impegnati a lottare contro le conseguenze della pandemia, non sembrano voler affrontare le vere cause scatenanti e prevenire il dilagare di future epidemie.

Oltre il 70% di tutte le malattie infettive emergenti provengono infatti da animali, e gli animali allevati trasmettono agli esseri umani un grande numero di virus».

La Ferrario spiega che «migliaia di enormi fabbriche di animali in tutta Europa ci stanno rendendo più vulnerabili a nuove epidemie.

Anche in Italia, dove è proprio la Lombardia la regione con la più alta densità di capi allevati in allevamenti intensivi: parliamo di oltre 4 milioni solo per i suini, la metà di tutta la produzione italiana concentrata in una sola regione.

Il dilagare del Covid-19 e di altre infezioni all’interno di allevamenti intensivi dovrebbe essere un campanello d’allarme per i nostri politici.

Eppure proprio nelle ultime settimane molti  parlamentari europei hanno votato a favore del rifinanziamento del sistema degli allevamenti intensivi nell’ambito del dibattito sulla nuova PAC».

Anche Greenpeace Danmark evidenzia che «la resa dei conti con la produzione su larga scala di animali – una settore che vede la Danimarca in prima linea – non si è concretizzata. Il business as usual continua».

Una PAC che la ministra Teresa Bellanova, intervenendo ieri in audizione alla Camera, ha definito «orientata ai risultati e alle nuove sfide della sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

In tal senso, molte sono le novità, in particolare nell’ambito del primo pilastro.

In primis, va evidenziata l’introduzione degli eco-schemi, cui dovranno essere destinate almeno il 20% delle risorse dei pagamenti diretti, questo almeno è il punto di equilibrio trovato in Consiglio.

In tale ambito, nel pieno rispetto degli obiettivi da raggiungere, abbiamo preteso venisse assicurato un adeguato livello di flessibilità nelle scelte, in modo da considerare appieno le diverse realtà territoriali.

Inoltre, è stata prevista una clausola di salvaguardia, nel caso di non utilizzo dei fondi assegnati agli eco-schemi, che consente il recupero delle eventuali risorse non utilizzate, da destinare ai pagamenti diretti degli agricoltori».

La Ferrario conclude: «Non condividiamo l’ottimismo della Ministra, dal momento che questa PAC vola molto basso sugli obiettivi ambientali, continua a premiare le grandi aziende intensive e non affronta adeguatamente la connessione tra salute e tutela dell’ambiente.

La Ministra ha però anche affermato di volersi confrontare con tutti nella stesura del Piano strategico nazionale, nominando esplicitamente anche il mondo ambientalista.

Accogliamo con piacere questa novità e saremo felici di presentare alla Ministra le nostre criticità e proposte».

Oggi Greenpeace Italia risponde con una nota alla Bellanova: «Diciamola tutta: altro che all’altezza della sostenibilità, questa PAC vola molto basso sugli obiettivi ambientali, continua a premiare le grandi aziende intensive e non affronta adeguatamente la connessione tra salute e tutela dell’ambiente.

E’ notizia di questi giorni ad esempio la richiesta di soppressione di 17 milioni di visoni allevati in Danimarca, perché portatori di una variante mutata del Covid-19 che è già stata trasmessa a 12 persone.

Proprio nelle ultime settimane però la maggioranza dei parlamentari europei ha  votato a favore del rifinanziamento del sistema degli allevamenti intensivi nell’ambito del dibattito sulla nuova PAC.

Una posizione miope soprattutto se si considera il periodo che stiamo vivendo: il dilagare del Covid-19 e di altre infezioni all’interno di allevamenti intensivi dovrebbe essere un campanello d’allarme per i nostri politici!

Migliaia di enormi fabbriche di animali in tutta Europa ci stanno rendendo più vulnerabili a nuove epidemie: pensate che oltre il 70% di tutte le malattie infettive emergenti provengono infatti da animali, e gli animali allevati trasmettono agli esseri umani un grande numero di virus».

Greenpeace Italia conclude: «Stavolta il pericolo  riguarda i visoni, ma ogni giorno in tutto il mondo i maxi allevamenti rischiano di diventare focolai di malattie infettive.

Il sistema degli allevamenti intensivi va radicalmente cambiato e invece viene foraggiato con i fondi pubblici della Politica Agricola Comune (PAC).

I fondi pubblici, sia della PAC che del Recovery fund, dovrebbero invece essere usati per una vera transizione del sistema e non per continuare ad alimentare un modello malato, che tra l’altro lascia indietro le aziende agricole di piccola dimensione e più ecologiche, che continuano a chiudere».

(Articolo pubblicato con questo titolo il 13 novembre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

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