Mock Cop26, i ragazzi del clima alzano la voce: “Basta aspettare i leader politici, facciamo da soli”

 

Sono studenti, provengono da 118 Paesi e dal 19 novembre al primo dicembre si riuniranno online per mostrare al mondo cosa succederebbe se al Cop 26 fossero dei giovani attivisti a decidere gli interventi contro il cambiamento climatico.

La Conferenza mondiale delle Nazioni unite sul clima, in programma a Glasgow dal 9 al 19 novembre, è stata rimandata causa pandemia e una ventina di ragazzi dei Fridays for Future inglesi, supportati dall’ente di beneficenza Students organizing for sustainability, ha chiamato a raccolta coetanei da ogni parte del globo per colmare il vuoto con l’evento su internet Mock Cop.

L’iniziativa riecheggia il Modul European parliament o le Modul United nations: delle simulazioni dei lavori dei grandi ad uso degli studenti più curiosi, che si riuniscono, discutono e imparano il funzionamento delle istituzioni.

Eravamo stufi di aspettare che partisse il Cop 26 e così abbiamo iniziato a pensarne uno noi“, racconta Joel Lev-Tov, uno dei coordinatori.

Tra i temi in agenda ci sono la giustizia climatica, la formazione scolastica, sanità e salute mentale, i nuovi lavori ecosostenibili e gli obiettivi di riduzione del carbonio.

Questa iniziativa offre a noi giovani un modo per far sentire le nostre voci in mezzo al rumore globale“, spiega Prithvesh Ashok dall’India.

E c’è chi come Dom Jaramillo dall’Ecuador si spinge oltre: “Non aspettiamo più di poter parlare nei convegni dei grandi, ma ora parliamo da soli.

I leader impegnati nella discussione sul clima ci hanno sbattuto la porta in faccia.

Dal momento che non ascoltano, non giocheremo più al loro gioco e costruiremo la nostra conferenza“.
Il Cop dei grandi l’anno scorso a Madrid non era finito benissimo.

Per l’ennesima volta i quasi 200 Paesi riuniti non avevano trovato un compromesso accettabile sui temi più complessi e divisivi, a cominciare dall’ormai tristemente famoso articolo 6 dell’Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio.

L’obiettivo è sempre quello fissato dalle Nazioni unite delle emissioni zero entro il 2050 per fermare il global warming, ma solo l’Unione europea, che costituisce il 9% del problema, si è impegnata formalmente.

L’Alleanza dei piccoli stati insulari, che rappresenta i Paesi più minacciati dai cambiamenti climatici, punta il dito contro Australia, Brasile, Canada, Cina, India, Russia e Stati Uniti, che non avrebbero piani sufficientemente ecologici per il futuro e condannerebbero molte coste a soffrire dell’innalzamento dei mari.

Il pericolo più grande non è la mancanza di azione, ma si verifica quando i politici e gli amministratori delegati fanno finta che stia accadendo qualcosa di reale, mentre in realtà non succede nulla, a parte un abile lavoro di contabilità e di pubbliche relazioni“, ha detto in quell’occasione Greta Thunberg, punto di riferimento di qualsiasi giovane iniziativa ambientalista.

Come lei i ragazzi di Mock Cop domandano essenzialmente tre impegni: l’uscita dal fossile, il rispetto dei Paesi più fragili e la valorizzazione delle ricerche scientifiche sul tema.

Come dice Mitzi Jonelle Tan dalle Filippine “le comunità emarginate sono sottorappresentate o sono state dimenticate dai Paesi più potenti.

Chiediamo che venga dichiarata l’emergenza climatica e che a tavola siedano i più colpiti dalla crisi“.

Le fa eco Sofia Hernandez dal Costa Rica: “I leader mondiali hanno trascurato i diritti umani, nel senso della vita delle persone coinvolte nel problema, e hanno dato la priorità agli interessi economici“.

Non c’è da stupirsi così se il Mock Cop culminerà in una risoluzione rivolta ai politici di tutto il mondo e in successivi accorati appelli dei giovani delegati ai governi dei rispettivi Paesi.

Ai ragazzi non sfugge l’eccezionalità della pandemia, che pure considerano una conseguenza dello squilibrio globale, ma temono che questa diventi la grande scusa per rinviare ogni impegno sul clima pur di recuperare la crescita persa nell’ultimo anno.

Ancora una volta fanno loro il motto di Greta Thunberg: “Qualcuno dovrà fare qualcosa e quel qualcuno potrei essere io“.

Non a caso l’attivista svedese, presentando il nuovo documentario “I am Greta. Una forza della natura”, ha spiegato: “E’ un fallimento che da anni si ripetano le stesse cose e i leader mondiali non le affrontino, ma non è mai troppo tardi per fare tutto quello che si può.

Il problema è che continuiamo a vedere catastrofi, ma nessuno reagisce.

Non ho una strategia precisa, anche perché il coronavirus dimostra che non si possono fare grandi programmi, per cui ripeto sempre lo stesso messaggio: dobbiamo ascoltare la scienza e agire“.

(Articolo di Francesco Rigatelli,  pubblicato con questo titolo il 29 ottobre 2020 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)

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