Il paradosso insostenibile: spreco alimentare mondiale a quota 400 miliardi di dollari annui e 690 milioni di persone che soffrono la fame

 

Sono numeri che fanno riflettere, preoccupare e arrabbiare.

Il tema è sempre quello dello spreco alimentare, che visto attraverso gli “occhiali” dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente e i loro partner assume i contorni di un’emergenza mondiale e il segno del disequilibrio planetario.

Sono infatti circa 690 milioni le persone che oggi “soffrono la fame, mentre sono ben tre miliardi coloro che non possono permettersi un’alimentazione sana.

Il numero degli affamati è continuato ad aumentare negli ultimi cinque anni e la pandemia da COVID-19 sta mettendo a repentaglio la sicurezza alimentare e nutrizionale di un numero ulteriore di persone che potrebbe raggiungere i 132 milioni di unità.

A questo quadro drammatico si devono aggiungere il deterioramento degli ecosistemi e l’impatto dei cambiamenti climatici”.

Nonostante ciò, ed eccoci al paradosso, “le perdite e gli sprechi alimentari non accennano a diminuire.

Quest’anno si è assistito addirittura a un incremento di entrambe le problematiche, a causa delle restrizioni agli spostamenti e ai trasporti collegate alla pandemia.

Anche senza considerare l’emergenza COVID-19, ogni anno il 14 per cento circa dei prodotti alimentari va perso in tutto il mondo prima di raggiungere il mercato.

Il valore annuo delle perdite alimentari è pari a 400 miliardi di USD, equivalenti al PIL dell’Austria.

A ciò si aggiungono gli sprechi alimentari, le cui nuove stime saranno rese note all’inizio del 2021.

Se si considera infine anche l’impatto ambientale, le perdite e gli sprechi alimentari sono responsabili dell’8 per cento delle emissioni globali di gas a effetto serra”.

In termini proprio di emissioni di gas a effetto serra, le perdite alimentari generano ogni anno circa 1,5 giga-tonnellate equivalenti di CO2.

Per misurare questa situazione, e questa è una notizia, all’inizio del 2021 l’UNEP pubblicherà, nel suo rapporto sull’Indice dello spreco alimentare, le nuove stime degli sprechi alimentari per paese a livello di vendita al dettaglio e consumo (servizi di ristorazione e nuclei familiari); in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, in programma il 16 ottobre 2020, metterà invece a disposizione una nuova metodologia per la misurazione degli sprechi alimentari a livello nazionale.

Va segnalato inoltre che studi commissionati dalla FAO prima dello scoppio della pandemia hanno calcolato che le perdite di frutta e ortaggi in azienda nell’Africa subsahariana avevano raggiunto il 50 per cento, la percentuale più alta al mondo.

Per cereali e leguminose le perdite in azienda potevano invece raggiungere il 18 per cento, il dato più alto al mondo insieme a quello registrato in altre regioni dell’Asia.

Purtroppo, di fronte a questa situazione molti agiscono in modo errato: ovvero gestiscono la crescente domanda di generi alimentari incrementando la produzione agricola anziché riducendo le perdite e gli sprechi alimentari, esacerbando in tal modo le pressioni sull’ambiente e su un patrimonio di risorse naturali sempre più esiguo.

Tornando agli sprechi, nello specifico, “le perdite alimentari si verificano nel tragitto tra il campo e la vendita al dettaglio (esclusa), mentre gli sprechi alimentari si osservano a livello di vendita al dettaglio e di consumo (servizi di ristorazione e nuclei familiari)”.

Tra le cause del fenomeno si annoverano i vizi di manipolazione, l’inadeguatezza delle modalità di trasporto o immagazzinamento, l’assenza di capacità lungo la catena del freddo, condizioni atmosferiche estreme, l’esistenza di norme di qualità sull’aspetto esteriore fino all’assenza di capacità di pianificazione e competenze culinarie tra i consumatori.

In sostanza, se si riducessero le perdite o gli sprechi alimentari si potrebbe garantire più cibo per tutti, ridurre le emissioni di gas a effetto serra, allentare la pressione sulle risorse naturali e aumentare la produttività e la crescita economica.

Le perdite e gli sprechi alimentari rappresentano una grande sfida per la nostra epoca,” ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, QU Dongyu, auspicando la creazione di partenariati più stretti, un aumento degli investimenti nella formazione dei piccoli agricoltori, nelle tecnologie e nell’innovazione, con apporti del settore sia pubblico che privato allo scopo di intensificare la lotta contro questi fenomeni, dal momento che “il nostro pianeta non è che un piccolo vascello che galleggia nell’universo.”

Aspetti quali un trattamento innovativo post-raccolta, l’esistenza di sistemi agricoli e alimentari digitali e un ripensamento dei canali di commercializzazione offrono enormi potenziali per far fronte alle perdite e agli sprechi alimentari.

Abbiamo appena creato un partenariato con IBM, Microsoft e il Vaticano per dare spazio all’intelligenza artificiale in questi ambiti,” ha aggiunto Qu.

Inger Andersen, Direttore esecutivo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ha esortato i governi a inglobare il problema delle perdite e degli sprechi alimentari nelle rispettive strategie nazionali per il clima.

Finora sono soltanto 11 i paesi che hanno inserito la questione delle perdite alimentari nei loro contributi determinati a livello nazionale, mentre nessuno vi ha introdotto la voce sugli sprechi alimentari.

Includendo le perdite e gli sprechi alimentari e l’obiettivo di regimi alimentari sostenibili nei piani rivisti per il clima, i responsabili politici possono migliorare anche del 25 per cento le loro capacità di mitigazione dei cambiamenti climatici e di adattamento agli stessi attraverso i sistemi alimentari,” ha spiegato Andersen.

Riferendosi alle perdite e agli sprechi alimentari come a un’”offesa etica”,  se si tiene conto dell’elevato numero di persone che soffrono la fame, António Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, in un messaggio inviato quale contributo alla Giornata internazionale, ha invitato tutti a fare la propria parte per ovviare a questa situazione: dai singoli paesi affinché definiscano un obiettivo di riduzione e misurino le perdite e gli sprechi alimentari registrati a livello nazionale, oltre a inserire interventi strategici nei piani per il clima di cui all’Accordo di Parigi, fino alle imprese perché adottino un approccio analogo giù giù fino ai singoli cittadini, affinché siano più accorti nei loro acquisti, conservino gli alimenti correttamente e riutilizzino gli avanzi di cibo.

La necessità di fare fronte comune e intensificare gli interventi per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, per trarre i massimi vantaggi offerti dall’innovazione, dalle tecnologie e dall’istruzione, per scoraggiare l’abitudine di gettare il cibo, per misurare e tener traccia dei progressi compiuti nonché per collaborare in modo da accrescere la disponibilità di cibo e ridurre l’impronta ambientale della produzione agricola (tematiche queste che saranno trattate in maniera approfondita in occasione del Vertice sui sistemi alimentari del 2021) è stata invocata da più relatori e partecipanti alle tavole rotonde, esponenti delle Nazioni Unite, della Commissione dell’UE, del settore pubblico e privato, dei Ministeri dell’Agricoltura dei paesi in via di sviluppo e industrializzati, delle organizzazioni e delle associazioni di agricoltori, commercianti e consumatori, e della comunità accademica nonché da chef di fama mondiale.

Tra le soluzioni disponibili per ridurre le perdite e gli sprechi alimentari si annoverano le seguenti: la disponibilità di dati di buona qualità, che consentono di sapere a che livello della catena di valore si situano i principali snodi critici in termini di perdite e sprechi alimentari;

il ricorso all’innovazione, per esempio a piattaforme di commercio digitale per la commercializzazione o a sistemi retrattili nell’industria della trasformazione degli alimenti;

la presenza di incentivi statali per stimolare azioni di contrasto verso le perdite e gli sprechi alimentari da parte del settore privato e collaborazione lungo le catene di approvvigionamento;

investimenti in formazione, tecnologia e innovazione, anche diretti ai piccoli agricoltori;

un miglioramento delle pratiche di confezionamento alimentare e un allentamento dei regolamenti e delle norme di qualità estetica per frutta e ortaggi;

il miglioramento delle abitudini dei consumatori;

la redistribuzione delle eccedenze alimentari sicure alle persone indigenti per il tramite delle banche alimentari;

la facilitazione dell’accesso degli agricoltori ai consumatori e catene di valore più corte mediante mercati degli agricoltori e collegamenti rurali-urbani;

maggiori investimenti volti a rafforzare le infrastrutture e la logistica, catene del freddo sostenibili e tecnologie di raffreddamento incluse.

(Articolo pubblicato con questo titolo il 1 ottobre 2020 sul sito online “greenreport.it”)

 

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