“Non sono gli orsi ad aver chiesto di essere reintrodotti in Trentino.
È stato l’uomo che ha deciso di farlo e all’epoca tutti erano d’accordo, perfino con un referendum.
Ma adesso è l’uomo che ha rotto il patto di convivenza.
La politica deve restituire dignità e libertà a questi animali.
E la Provincia autonoma di Trento deve smetterla con la persecuzione”.
Stefania Sbarra e Barbara Nosari sono due attiviste per i diritti animali, un impegno che dura da molti anni.
La prima è divulgatrice di cucina, in Valtellina, la seconda ingegnere.
Dal 21 settembre sono in sciopero della fame.
Si idratano con acqua e tisane.
Nient’altro.
Una forma di protesta e sensibilizzazione per quello che sta avvenendo in Trentino, dove tre plantigradi sono rinchiusi nel recinto del Casteller e altri sono ricercati, perfino con ordine di abbattimento.
“La nostra iniziativa è scaturita come obbligo morale e intellettuale di intraprendere una strada alternativa e complementare a tutto quanto opinione pubblica e associazioni stanno già percorrendo contro una politica nazionale e trentina che specula sulla pelle degli orsi a fronte di un progetto fortemente voluto e ora demonizzato per interessi vari”.
L’obiettivo?
“La nostra è una lotta ad oltranza, affinché sia restituita la libertà agli incarcerati e siano impedite altre future prigionie”.
Sul motivo per cui la politica perseguita gli orsi, le attiviste rispondono: “Perché governa secondo stereotipi culturali arcaici e pregiudizi di specie.
L’uomo si scontra con un animale che è quello che è, un predatore.
E impone la propria dominanza, per soddisfare precisi interessi”.
Eppure esiste un Progetto Life Ursus, finanziato dalla Comunità Europea, che tutela gli orsi.
“Ma è sempre più evidente che sta assumendo nel tempo le sembianze di un Progetto Dead Ursus.
Ad esempio qualche anno fa sconfinò in Valtellina l’orso M25, che poi è letteralmente scomparso.
La vita a coloro che sono stati uccisi durante tutto l’iter del Progetto Life Ursus non potrà essere più restituita.
Quegli individui uccisi gridano ancora vendetta ed è giusto e doveroso che ottengano giustizia anche tramite quanto verrà restituito ai loro simili”.
L’obiezione della politica è che alcuni orsi sono ‘problematici’.
“Non esiste l’orso ‘problematico’ in natura – rispondono – È una accezione negativa forgiata dal linguaggio scientifico per normare e legittimare una reazione politica che contempli facoltà di togliere vita e libertà all’orso qualora questi non manifesti atteggiamenti ritenuti consoni.
Invece, l’orso ottempera di diritto alle sue facoltà vitali: si muove, si espande, mangia secondo le esigenze di specie specifiche, interagisce, reagisce se attaccato, perpetua la sua specie e preserva, difendendolo, il valore intrinseco legato alla sfera emotiva e affettiva dei legami familiari”.
Stefania Sbarra conclude: “Esiste, invece, una natura sempre più svilita, deturpata, depredata dalla società umana.
E assoggettata ai propri falsi bisogni e al relativo delirio di onnipotenza.
Non dimentichiamo che i veri abitanti dei boschi sono gli animali non umani, e tra questi l’orso”.
(Articolo di Giuseppe Pietrobelli, pubblicato con questo titolo il 29 settembre 2020 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)