Una tassa su tutte le emissioni di CO2 che sposti il carico fiscale dal lavoro alle fonti di inquinamento, che salvi clima e occupazione. A riproporre il tema del Carbon pricing in Europa è la campagna Stopglobalwarming che ha lanciato una «Iniziativa dei cittadini europei» (ICE), cioè la raccolta di 1 milione di firme in almeno 7 stati membri, per chiedere alla Commissione Europea di proporre una normativa in merito (si firma on line su stopglobalwarming.eu fino al 20 gennaio 2021). I PROMOTORI DELLA CAMPAGNA sono l’ex-radicale Marco Cappato, presidente di Eumans, Monica Frassoni, ex co-presidente dei Verdi europei e Alberto Majocchi, professore emerito di Scienza delle finanze all’Università di Pavia, di cui è uscito per Il Mulino il libro Carbon Pricing, la nuova fiscalità europea e i cambiamenti climatici. La proposta di Carbon pricing per l’Ue consiste nell’imporre un prezzo minimo a tutte le emissioni di CO2, partendo da 50 € a tonnellata dal 2020 per arrivare a 100 € entro il 2025, al fine di rendere sempre meno conveniente il consumo di combustibili fossili e favorire la transizione alle rinnovabili (oggi il prezzo della CO2 oscilla tra i 25 e i 30 €). Il meccanismo è quello suggerito da 27 premi Nobel, da ex presidenti della Federal Reserve, dall’IPCC, da migliaia di economisti e scienziati che lo caldeggiano in innumerevoli documenti e petizioni. Se in linea di principio l’idea del Carbon pricing è ampiamente condivisa, resta da decidere come applicarla, quali prezzi della CO2 si dimostrino efficaci per contrastare i cambiamenti climatici, come renderla socialmente accettabile. IL CARBON PRICIS PUO’ ESSERE introdotto in varie forme, le più diffuse sono le tasse esplicite sulla CO2 e i meccanismi Ets (Emissions Trading System, sistema di scambio di quote di emissioni). In Europa l’Eu-Ets esiste dal 2005, coinvolge 11 mila operatori, per […]