Il nuovo rapporto “Indian wildlife amidst the COVID-19 crisis: An analysis of status of poaching and illegal wildlife trade”, pubblicato da Traffic con il supporto di Wwf-Indi, ha rilevato «un aumento significativo del bracconaggio di animali selvatici in India durante il periodo di lockdown» un fenomeno esteso ad ogni regione geografica, Stato o area faunistica dell’India. Infatti, durante il lockdown in India le segnalazioni di episodi di bracconaggio per il consumo e commercio locale di carne sono più che raddoppiate, anche se, evidenzia Traffic, «non vi siano prove di accumulo di prodotti della fauna selvatica per degli scambi futuri». La ricerca è stata condotta confrontando i casi di bracconaggio riportati dai media durante le 6 settimane pre-lockdown (dal 10 febbraio al 22 marzo 2020) con quelli delle 6 settimane di lockdown (dal 23 marzo al 3 maggio 2020) e «i casi di bracconaggio segnalati sono aumentati da 35 a 88, anche se non è noto come i tassi di segnalazione siano cambiati a causa del lockdown». Lo studio indica che «nonostante gli sforzi costanti delle forze dell’ordine, le popolazioni di animali selvatici in India sono stati sotto ulteriore minaccia durante il periodo di lockdown». Dal rapporto emerge che «l’incremento più elevato del bracconaggio è di ungulati, principalmente per la loro carne, e la percentuale è passata da 8 dei 35 casi (22%) segnalati in totale durante il pre- lockdown, a 39 su 88 (44%) durante il periodo di lockdown». Il secondo gruppo di animali che ha subitoun marcato aumento di bracconaggio è quello dei “piccoli mammiferi” tra cui lepri, istrici, pangolini, scoiattoli giganti, zibetti, scimmie, gatti selvatici. A Traffic fanno notare che «sebbene alcuni siano sempre stati molto richiesti nei mercati internazionali, la maggior parte della caccia durante il periodo di lockdown è avvenuta presumibilmente per la carne o commercio locale». […]