La protesta dei braccianti nella campagne di Foggia © via Twitter «Se il governo non darà risposte ai lavoratori di tutta la filiera del cibo, dai braccianti che lo raccolgono nelle campagne ai rider che lo distribuiscono in città, ci saranno altri scioperi e nuove mobilitazioni. La prossima volta andremo a Montecitorio». Aboubakar Soumahoro interviene con l’energia di un fiume in piena davanti alla prefettura di Foggia, nella manifestazione più importante dello sciopero dei braccianti organizzato ieri in tutta Italia dall’Unione Sindacale di Base (Usb). Nelle sue parole c’è la forza di chi è partito in corteo da un ghetto dove centinaia di esseri umani vivono e a volte muoiono nell’invisibilità, nelle baracche, in condizioni indegne. Presidi si svolgono davanti alle prefetture di Torino, Brescia, Cremona, Piacenza, Rimini, Livorno, Roma, Caserta, Reggio Calabria. La raccolta è bloccata in tutta Italia. È la mobilitazione degli «invisibili», i lavoratori che raccolgono frutta e verdura nel foggiano, nella piana di Gioia Tauro, intorno al comune piemontese di Saluzzo, in Sicilia e Campania. Sotto gli agricoltori schiacciati dal ricatto della Grande distribuzione organizzata (Gdo), che impone ai produttori prezzi stracciati, ci sono soltanto loro. È su quel sudore che si mantiene la filiera alimentare italiana, che nel 2017 ha garantito un giro d’affari da 83 miliardi alla Gdo con ricavi in costante ascesa e picchi durante il lockdown. L’IMMAGINE CHE APRE la giornata è di quelle forti. Seicento, settecento lavoratori escono in corteo dalle baracche e sfilano dietro uno striscione su cui è stampata un’illustrazione di Mauro Biani raffigurante un corpo nero con una cassetta della frutta al posto della testa. La scritta dice: «Perché non marciscano i diritti. 21 maggio 2020. Sciopero degli invisibili». Tutto intorno i campi sono deserti e la raccolta completamente bloccata. Ne sarebbe stato orgoglioso Giuseppe Di Vittorio, nato in questa provincia […]