Se qualcuno volesse rendersi conto di cosa vuol dire avere un neofascista, ultraliberista, sovranista, omofobo e negazionista climatico alla guida di un Paese al tempo del coronavirus, restando nell’Unione europea, basterebbe pensare a quel che è successo in Ungheria, dove Orban si è fatto dare da un Parlamento ridotto a bivacco di manipoli quei pieni poteri che il suo amico Salvini chiedeva solo un’estate fa, dopo aver tentato di chiudere il Parlamento italiano, con una manovra di palazzo maldestramente concepita al Papeete di Milano Marittima dopo un mojito di troppo. Oppure basterebbe pensare a cosa stanno facendo tre governi di destra – Grecia, Turchia e Bulgaria – con il volenteroso aiuto dei carnefici nazifascisti, ai confini dell’Asia e dell’Europa, applicando le loro ricette (che sono le stesse reclamate dai loro amici e camerati italiani) alla tragedia dimenticata dei profughi siriani e kurdi, ostaggi del nulla e dell’indifferenza nella terra di nessuno. Ma se si vuole capire come, in poco più di un anno e mezzo, l’elezione di uno dei campioni della neo-destra mondiale – festeggiata a champagne e mortaretti dal centro-destra italiota – si è trasformata in tragedia e farsa, basterebbe ascoltare quel che dice e contraddice, ormai quotidianamente e caparbiamente, il presidente neofascista del Brasile, Jair Bolsonaro, che mentre i brasiliani muoiono e si ammalano, continua a minimizzare la portata dell’emergenza e che si è definito troppo “macho” per poter essere colpito dal Coronavirus. Nella sua ultima apparizione alla televisione brasiliana, il 24 marzo, incurante delle critiche che lo sommergono e dell’irritazione che sta montando nel suo stesso governo e tra i militari che lo sostengono, Bolsonaro ha detto: «Non credo che affronteremo la stessa situazione degli Stati Uniti. I brasiliani devono essere studiati, non si ammalano. Possono saltare e tuffarsi nelle fognature e non gli succede nulla! […]