Con deliberazione n. 789 del 25 ottobre 2019 la Giunta Regionale del Lazio ha adottato la proposta di legge regionale n. 194 del 31 ottobre 2019 concernente “misure per lo sviluppo economico, l’attrattività degli investimenti e la semplificazione”.
La proposta è stata trasmessa alle Commissioni competenti, ma ad esprimere parere su di essa è stata soltanto la IV Commissione Bilancio, in quanto ritenuta competente per materia, e nessuna delle altre 8 Commissioni considerate secondarie.
Così la IV Commissione presieduta da Fabio Refrigeri (PD) il 24 gennaio 2020 ha dato parere favorevole alla proposta, il cosiddetto “collegato”: favorevoli si sono dichiarati i consiglieri Sara Battisti (PD), Michela Califano (PD), Gino De Paolis (Lista civica Zingaretti), Marta Leonori (PD) Daniele Ognibene (Liberi e Uguali nel Lazio), Enrico Panunzi (PD), Fabio Regrigeri (PD) e Marco Vincenzi (PD), mentre hanno espresso parere contrario Gaia Pernarella (M5S, in sostituzione del cons. Corrado), Sergio Pirozzi (Sergio Pirozzi Presidente), Devid Porrello (M5S) e Giancarlo Righini (Fratelli d’Italia).
Il testo originario della pl 194 proposto dalla Giunta si componeva di 31 articoli, ma l’assessore al bilancio, Alessandra Sartore, aveva presentato emendamenti soppressivi di alcuni articoli le cui norme erano già state approvate con la legge di Stabilità regionale.
Il testo licenziato dalla commissione Bilancio si compone ora di 23 articoli.
Nel corso dei lavori in Commissione Bilancio, sono stati approvati 87 emendamenti, 43 presentati dai consiglieri di opposizione, 5 di maggioranza e 34 della Giunta, questi ultimi in buona parte soppressivi di articoli, aggiornamento delle coperture finanziarie e accoglimento delle segnalazioni fatte dalla ATN.
La scadenza per la presentazione degli emendamenti alla PL 194 è stata fissata fino alle ore 12 di martedì 28 gennaio 2020.
Nel pomeriggio di ieri 29 gennaio è iniziato l’esame della proposta di legge da parte del Consiglio Regionale.
Il consigliere Fabrizio Ghera (Fratelli d’Italia) ha lamentato il “metodo” seguito: “Anzitutto quindi vorremmo fare un ragionamento generale sull’opportunità di portare avanti documenti che sottraggono spazio all’approfondimento, alla possibilità di affrontare le varie tematiche, fare leggi di settore, incontrare le categorie.
Se andiamo ad argomentare, a lavorare su documenti così ampi, così voluminosi, diventa quasi impossibile avere competenze talmente importanti per poter approfondire tutti gli argomenti.
Si passa dallo sport, alla cultura, alla caccia, all’urbanistica, ai consorzi industriali, alla situazione dell’emergenza alloggiativa e abitativa, quindi effettivamente da situazioni così disparate, complicate e difficili, che rendono secondo noi svilente in tanti casi il ruolo delle Commissioni.
Del resto, una cosa è affrontare un documento, un provvedimento, magari ascoltando i professionisti, ascoltando le rappresentanze anche sindacali, chi vive e lavora in un determinato settore, e poi invece avere un documento che si deve in qualche modo approfondire in pochi giorni, che fa dei cambiamenti importanti; in alcuni settori, approcciando velocemente determinati argomenti rende complicata la possibilità di fare documenti più ampi.”
Dopo l’illustrazione della proposta da parte dell’Assessore al Bilancio Alessandra Sartore, prima di passare alla discussione generale si sono dovute esaminare le due pregiudiziali che erano state antecedentemente depositate: quella a firma della consigliera Valentina Corrado (M5S) e degli altri consiglieri del Gruppo 5 Stelle ha posto l’accento sui vizi di legittimità riscontrabili in diversi articoli della proposta.
La consigliera Corrado ha concluso l’illustrazione della pregiudiziale del M5S nel seguente modo: “Per questi motivi e per quanto abbiamo illustrato all’interno della pregiudiziale, riteniamo che si pongano serie e concrete prospettive di vedere impugnata e sanzionata in sede di contenzioso costituzionale questa normativa, e chiediamo di non procedere alla discussione della proposta di legge 194 relativamente agli articoli e agli argomenti che abbiamo esposto.”
Le due questioni pregiudiziali sono state messe in votazione assieme, con un voto unico: il Consiglio Regionale le ha bocciate.
La seduta è stata sospesa alle ore 17,53: il prosieguo è stato rimandato ad oggi.
Per capire la portata di un provvedimento legislativo del genere è opportuno mettere in evidenza le “semplificazioni” più stravolgenti.
1 – Semplificazione delle attività di vigilanza e di esercizio dei poteri sostitutivi in materia urbanistico-edilizia (art. 2) – Il 2° comma dell’art. 31 delle legge regionale n., 15 dell’11 agosto 208 dispone che, in caso di inerzia del Comune volta per volta chiamato ad annullare nel potere di autotutela un permesso di costruire accertato come illecito, l’Area Vigilanza Urbanistico-Edilizia della Regione Lazio “trasmette gli atti alla Giunta regionale la quale delibera sull’esercizio del potere sostitutivo attraverso un commissario ad acta, da nominare con decreto del Presidente della Regione.
Il decreto di nomina è comunicato al comune interessato e al responsabile dell’abuso nonché al proprietario, ove non coincidente con il primo.”
La proposta n. 194 cancella le “indagini effettuate sul territorio” prescritte alla lettera c) del 1° comma dell’art. 9 ed al 1° comma dell’art. 11 della legge 15/2008, limitandole soltanto a “situazioni che presentino casi di rilevante gravità in relazione al paesaggio, ad aree vincolate e all’assetto urbanistico-edilizio del territorio”, che dovranno essere individuate sulla base di criteri stabiliti dalla Giunta Regionale.
Ieri l’assessore al Bilancio ha spiegato che “tale intervento risulta necessario, in quanto, a più di dieci anni dall’entrata in vigore della normativa in oggetto, occorre constatare che, a fronte di un incremento delle istanze e delle segnalazioni di abusi da parte dei privati cittadini, gli interventi per i quali i poteri sostitutivi vengono concretamente esercitati costituiscono per buona parte interventi di lieve entità, anche in considerazione del fatto che la legge, per ciò che attiene all’intervento sostitutivo, non disciplina criteri di distinzione dei diversi abusi né per ciò che concerne la natura, né per ciò che riguarda l’aspetto dimensionale dell’opera abusiva…..
Si propone pertanto un intervento legislativo, finalizzato a ridare alla Regione il suo ruolo di tutela di interessi pubblici superiori, che riguardano interventi di livello territoriale significativo.”
La consigliera Valentina Corrado (M5S) ha motivato la sua critica, inserita nella pregiudiziale, nel seguente modo: “Riteniamo che questo articolo, letto in combinato disposto rispetto a quanto prevede il Titolo IV, ovvero vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e sanzione del DPR 380/2001, letto in combinato disposto col Capo 2, vigilanza ispettiva e ispezione del decreto legislativo 42/2004, pone una limitazione alla facoltà di esercizio di indagini previste da questa normativa nazionale sul territorio regionale da parte degli uffici competenti della Regione, delegandolo del tutto ai Comuni, creando anche una situazione di concomitanza tra controllore e controllato.”
Con i suddetti emendamenti l’Area Vigilanza urbanistico-edilizia si riduce sempre di più ad una mera struttura burocratica, incapace di attivarsi in tutti i casi di inerzia dei Comuni nell’esercizio del loro potere di autotutela.
2 – Ampliamento della sub-delega ai Comuni nel rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche (art. 3) – La legge regionale n. 8 del 22 maggio 2012 delega ai Comuni di funzioni amministrative in materia di paesaggio.
In sostanza, nelle materie elencate all’articolo 1 della legge n. 8/2012 sono indicati in modo puntuale gli interventi delegati ai Comuni, anche nelle forme associative che presentano determinati requisiti e che possono gestire insieme alla competente Soprintendenza il procedimento autorizzativo e rilasciare il provvedimento conclusivo che autorizza o nega l’intervento proposto in area soggetta a vincolo paesaggistico.
La proposta n. 194 consente ai Comuni di rilasciare l’autorizzazione paesaggistica anche con riguardo ai casi di “ristrutturazione edilizia”.
In sede di dibattito la consigliera Gaia Pernarella (M5S) ha fatto la seguente dichiarazione: “la Regione interviene laddove i Comuni siano inerti, ma il problema è che si fa una fattispecie di inerzia all’interno della quale vengono anche inseriti i territori vincolati.
Ora, siccome veniamo freschi freschi dal PTPR, tutta l’Assise dovrebbe ricordare che il Consiglio regionale è competente in tutte le aree vincolate, cioè, che il codice dei beni culturali ha asservito come attività alla Regione Lazio, inclusa quella di vigilanza.
Quindi, quando noi sosteniamo in un articolo di legge che noi interveniamo laddove i Comuni siano inerti a fare qualcosa che dovremmo fare noi, stiamo violando una serie di norme che sono comunque precostituite alla normativa regionale e a quanto si possa stabilire in questa norma, in questo collegato.
Già sul PTPR ci siamo ampiamente espressi nel levare vincoli dove erano stati messi dalle norme nazionali; mi sembra che continuare su questa strada, in una fase di PTPR non ancora pubblicato e con una impugnativa che pende come una spada di Damocle sulla testa della Regione Lazio non sia così politicamente, ma anche amministrativamente corretto nei confronti dei cittadini che si aspettano che noi facciamo delle norme per la semplificazione delle loro esistenze, non per il contrario”.
In sede di dibattito la consigliera Silvana Blasi (M5S) ha fatto al riguardo la seguente dichiarazione: “Altro tema fondamentale che presuppone un principio di incostituzionalità è la questione delle deleghe ai Comuni per quanto riguarda le tipologie di interventi stabiliti dalla lettera d) della legge n. 380.
Praticamente che cosa dice questa norma?
Questa norma dice che i Comuni possono intervenire nelle autorizzazioni anche per quanto riguarda le fattispecie di cui alla lettera d), e all’interno delle fattispecie di cui alla lettera d) c’è una serie di aree e immobili vincolati, che, riprendendo quanto già richiamato all’articolo 2, sono di esclusiva competenza della Regione Lazio, quindi non possono essere delegate.”
Si tratta ad ogni modo di un intervento edilizio che può presentare anche un forte impatto sul paesaggio vincolato e per il quale non può essere subdelegato ai Comuni del Lazio il rilascio della autorizzazione paesaggistica, che deve quindi restare i capo alla Regione, come è stato fino ad oggi.
L’art. 3 consente di ampliare la sub-delega ai Comuni anche per il rilascio della “autorizzazione paesaggistica postuma per vincolo sopravvenuto ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004“ (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio).
Si fa presente anzitutto che l’art. 167 del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio riguarda piccoli abusi edilizi realizzati in zona già vincolata e non soggetta quindi ad un “vincolo sopravvenuto” dopo.
Si mette in risalto in secondo luogo che l’art. 167 non consente il rilascio di una vera e propria autorizzazione paesaggistica, dal momento che riguarda un accertamento della “compatibilità paesaggistica”, che spetta ad ogni modo sempre e soltanto alla Regione Lazio e che non può essere subdelegata ai Comuni soprattutto perché si verrebbe a mettere insieme controllore e “controllato” (in questo caso ad esempio l’Ufficio Condono Edilizio del Comune).
Si evidenzia in terzo luogo che ai sensi del 4° comma dell’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 “Fuori dai casi di cui all’articolo 167, commi 4 e 5, l’autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.”
3 – Semplificazione dei procedimenti amministrativa in materia di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) (art. 4) – La proposta di legge n. 194 prevede la possibilità che l’ente locale delegato svolga contemporaneamente la funzione di autorità competente e autorità procedente in materia di VAS, perché secondo l’illustrazione dell’Assessore al Bilancio tale possibilità “non solo trova supporto nella vigente normativa comunitaria e nazionale, ma anche a livello giurisprudenziale”.
Per favorire l’adeguata competenza tecnica e amministrativa in materia di tutela, protezione e valorizzazione ambientale, la Regione promuove attività di supporto e formazione alle amministrazioni locali interessate.
La consigliera Valentina Corrado (M5S) ha motivato la sua critica, inserita nella pregiudiziale, nel seguente modo: “Lo stesso accade anche per quanto riguarda l’articolo 4, per esempio, che dispone semplificazioni dei procedimenti amministrativi in materia di valutazione ambientale e strategica, rispetto al quale ravvisiamo dei contrasti sempre con il Titolo II del decreto legislativo n. 152/2006.”
In sede di dibattito la consigliera Gaia Pernarella (M5S) ha fatto al riguardo la seguente dichiarazione: “Altra questione riguarda la VAS, che noi deleghiamo.
Diciamo, addirittura, questo è il tema un po’ più tecnico su cui la Giunta si è espressa, ma non aveva fatto i conti con dei Consiglieri che poi si sarebbero andati a vedere le norme, che dice che i Comuni possono fare le varianti ai Piani generali e ai Piani regolatori in assenza di VAS se quei territori, quelle aree erano già aree trasformabili.
Questo, però, mette ovviamente il carro davanti ai buoi: la normativa sulla VAS spiega chiaramente che qualunque modificazione di piano o programma deve superare la procedura proprio per valutare se ci siano o meno degli impatti ambientali.
Invece, noi diamo per scontato che i Comuni possono non adempiere la norma e lo facciamo consapevoli del fatto che i Comuni della Regione Lazio, tranne qualche rarissima eccezione, hanno Piani regolatori che risalgono agli anni Settanta.
Quindi, noi stiamo dicendo che non solo andrebbero fatti, ma gli diamo una deroga su una possibilità di non farli, cosa che non è di nostra competenza.“
Non è possibile consentire che l’Autorità Procedente e l’Autorità Competente siano articolazioni di una stessa amministrazione comunale, anche se formalmente separate, perché di fatto si viene a mettere assieme controllore e controllato all’interno di uno stesso Comune.
Ai sensi della lettera o) del 1° comma dell’art. 5 del D. Lgs. n. 152/2006 la “autorità competente” è “la pubblica amministrazione cui compete l’adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità a VIA, l’elaborazione del parere motivato, nel caso di valutazione di piani e programmi, e l’adozione dei provvedimenti di VIA, nel caso di progetti ovvero il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale o del provvedimento comunque denominato che autorizza l’esercizio”.
Ai sensi invece della lettera 4) del 1° comma dell’art. 5 del D. Lgs. n. 152/2006 la “autorità procedente” è “la pubblica amministrazione che elabora il piano, programma soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il piano, programma sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il piano, programma”.
Ne deriva chiaramente che le due “Autorità” sono fra loro separate.
Il 2° comma del successivo art. 7 dispone che “sono sottoposti a VAS secondo le disposizioni delle leggi regionali, i piani e programmi di cui all’articolo 6, commi da 1 a 4, la cui approvazione compete alle regioni e province autonome o agli enti locali”.
La Regione Lazio deve ancora recepire il D.Lgs. n. 152/2006 con propria legge regionale.
Si è limitata ad approvare delle “disposizioni operative in merito alle procedure di VAS” come allegato alla deliberazione della Giunta Regionale n. 169 del 5/3/2010, in base alle quali al paragrafo 1.4 “l’Autorità Competente è individuata nella struttura regionale dell’assessorato competente in materia di ambiente (ora Assessorato all’Ambiente e Cooperazione tra i Popoli), L’Autorità competente in materia di VAS nell’ambito dell’assessorato sopra indicato è individuata nel Dipartimento Territorio, Direzione Ambiente e Cooperazione tra i Popoli, Area Valutazione Impatto Ambientale.”
Ne deriva in modo altrettanto chiaro che la “Autorità Competente” è gerarchicamente sovraordinata alla “Autorità Procedente” e non può essere individuata come articolazione dello stesso Comune che si qualifica come “Autorità Proponente”.
Va per di più fatto presente, con riferimento espresso alla lettera a) del 1° comma dell’art. 4 (ex art.7), che non sono assoggettabili a VAS piani e programmi attuativi di strumenti urbanistici generali che siano stati già sottoposti a VAS, a meno che non siano in variante di questi stessi strumenti urbanistici, nel qual caso debbono essere necessariamente sottoposti a VAS, ma senza che a valutarli possa essere una “Autorità Competente” dello stesso Comune, non solo e non tanto perché in deroga non prevista e quindi non consentita dalla normativa statale, quanto per il fatto che la “Variante”, benché riferita ad una minore porzione di territorio, presenta ugualmente un impatto rilevante che spetta alla Regione Lazio di valutare.
4 – Semplificazioni procedimentali in materia di varianti urbanistiche (art. 5) – L’Assessore al Bilancio ha illustrato l’emendamento proposto nel seguente modo: “Con l’articolo 5 si interviene sulla legge regionale n. 36/1987, al fine di introdurre incisive misure di semplificazione e snellimento delle procedure urbanistiche in vigore, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente i tempi necessari per giungere all’approvazione degli strumenti urbanistici.
In primo luogo si è intervenuto sulle varianti urbanistiche, individuando tipologie di varianti urbanistiche che per la loro limitata incidenza territoriale o insediativa vengono assoggettate alla procedura di approvazione che la legge n. 36/1987 già prevede per gli strumenti urbanistici in variante.
È da osservare in proposito che fino ad adesso, indistintamente, tutte le varianti sono sottoposte alla medesima procedura approvativa, quella prevista dalla legge n. 1150/1942, la quale prevede senza termine e senza conseguenze per il silenzio, un’espressa deliberazione di Giunta regionale preceduta dall’espressione del Comitato regionale per territorio.
Si è quindi ritenuto di sottoporre determinate varianti considerate di minore impatto urbanistico e con ridotte ripercussioni sull’assetto già delineato dal Piano regolatore, come approvato dalla Regione, alla procedura semplificata di cui all’articolo 4 della legge regionale n. 36/1987, che non prevede il parere del Comitato e l’approvazione implicita della variante se nel termine, portato a 120 giorni per questa fattispecie rispetto ai 90 dell’articolo 4, non interviene la deliberazione di Giunta regionale.”.
La consigliera Valentina Corrado (M5S) ha motivato la sua critica, inserita nella pregiudiziale, nel seguente modo: “Criticità si presentano anche all’articolo 5, che semplifica, invece, i procedimenti in materia di varianti urbanistiche e introduce un contrasto tra la valutazione ambientale strategica e il principio introdotto dalla procedura di valutazione ambientale strategica di cui al decreto legislativo n. 152.”
Riguardo al 1° comma che inserisce l’art. 6 bis sarebbe opportuno integrare il comma 4 aggiungendo dopo le parole ”in quanto sprovviste di impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale” la seguente espressione: ”se non comportano una nuova edificazione e comunque consumo ulteriore di suolo”.
5 – Semplificazione istruttoria per l’approvazione degli strumenti urbanistici generali e dei piani attuativi (art. 6) – Secondo l’illustrazione del’assessore al Bilancio “l’articolo 6 ha lo scopo di razionalizzare e semplificare i procedimenti di approvazione dei Piani regolatori e dei Piani attuativi e disciplina il procedimento di restituzione ai Comuni dei Piani affetti da irregolarità e con documentazione mancante, specificando la natura di atto dirigenziale della restituzione e chiarendo l’effetto di decadenza delle misure di salvaguardia. Finora veniva effettuata una delibera di Giunta.
A tal fine, si propone l’inserimento dell’articolo 66-ter nell’ambito della legge regionale n. 38/1999 recante le disposizioni sopra sinteticamente esposte, finalizzate alla semplificazione istruttoria per l’approvazione dei Piani regolatori degli strumenti urbanistici generali e dei Piani attuativi.”
Per circoscrivere l’ambito di applicazione del “turismo rurale” di cui al punto 1) della lettera b) del 1° comma dell’art. 6 sarebbe opportuno integrare il testo con la seguente espressione: “che non comporti nuova edificazione e comunque consumo ulteriore di suolo”.
Il 9° comma dell’art. 55 della legge n. 38/1999 dispone che “nei lotti che hanno già espresso la propria potenzialità edificatoria non sono consentiti interventi di nuova edificazione”: con il punto 4 della lettera c) del 1° comma dell’art. 6 vi si aggiunge la possibilità di nuova edificazione con i Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA), che – oltre ad essere una contraddizione in termini – comporta un inaccettabile consumo di suolo in zona agricola.
6 – Attività “multimprenditoriali” svolte in zona agricola esclusivamente da soggetti diversi dagli agricoltori veri e propri (art. 6) – La proposta n. 194 elimina l’espressione “attività integrate e complementari” con “attività multimprenditoriali” che possono essere svolte esclusivamente da chi non sia agricoltore.
Al riguardo in sede di dibattito la consigliera Valentina Corrado (M5S) ha fatto la seguente costatazione: “Ci sono notevoli criticità anche per quanto riguarda l’abitudine, che ormai, anch’essa, insiste da anni, di insistere nell’applicare alle zone agricole tutto quello che vige in materia di edilizia, quindi parlo della legge n. 38 della Regione Lazio, e che in questo collegato viene ulteriormente rimaneggiata, aprendo spesso, rispetto ad alcune previsioni e anche rispetto ad alcuni emendamenti che abbiamo visto depositati, la stura al consumo di suolo e all’edilizia incontrollata nelle zone agricole”.
Con la sostituzione del testo così come proposto i coltivatori diretti sono spodestati dalle zone agricole per farle diventare terra di sfruttamento e speculazione per “attività multimprenditoriali” esercitate “esclusivamente da soggetti diversi.”
La proposta n. 194 vuole abrogare anche il registro dei Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA).
Non c’è motivo di abrogare il registro dei PUA, se non quello di evitare il controllo sui Piani di Utilizzazione Aziendali che si volevano addirittura in deroga ai piani di Assetto dei parchi approvati, con una disposizione della legge n. 7 del 22 ottobre 2018 che è stata annullata dalla Corte Costituzionale.
7 – Disposizione di semplificazione in materia ambientale: prelievo venatorio nelle aree contigue ai parchi nazionali ricadenti nel Lazio consentito anche ai cacciatori non residenti in nessuno dei Comuni dell’area protetta (4° comma dell’art. 9) – Secondo l’Assessore al Bilancio “la Giunta regionale è l’organo della Regione competente ai fini dell’approvazione dei Piani dei parchi nazionali, previsti dal comma 4 dell’articolo 12 della legge n. 394/1991”.
La consigliera Valentina Corrado (M5S) ha motivato la sua critica, inserita nella pregiudiziale, nel seguente modo: “Sempre all’articolo 9, ma al comma 3, laddove viene previsto il prelievo venatorio nelle aree contigue ai parchi nazionali ricadenti nel territorio regionale, che viene esteso anche ai non residenti, a nostro avviso questa previsione si pone in contrasto con l’articolo 32 della legge n. 394/1992, il quale prevede che le Regioni possono stabilire, di concerto con gli Enti locali, piani e programmi, ma non di certo il perimetro entro cui si può effettuare la caccia e la pesca.
La stessa disposizione nazionale prevede che la caccia può essere attuata solamente nella forma della caccia controllata, riservata ai soli residenti dei comuni nell’area naturale protetta e nell’area contigua, quindi questa previsione non può essere estesa anche ai non residenti.
Inoltre, lo stesso comma si pone in contrasto con l’articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in quanto gli interventi di controllo della fauna selvatica nociva non possono essere classificati come attività venatoria, ma come attuazione della politica ambientale di tutela dell’ecosistema, che è competenza esclusiva dello Stato, pertanto noi non possiamo legiferare in materia.
Tra l’altro, come Regione abbiamo un precedente, ovvero nel 2018 il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il calendario venatorio della Regione Lazio in area contigua, il quale prevedeva, anche lì, il calendario venatorio e l’estensione della caccia ai non residenti.”
Allo stesso rigurdo si è pronunciata la consigliera Silvana Blasi (M5S) nel seguente modo: “In particolare, mi riferisco al comma 4 dell’articolo 9, che riguarda le aree contigue, ovvero quelle aree che sono limitrofe ai parchi nazionali dove è ben chiaro qual è il ruolo della Regione rispetto all’attività venatoria.
Lì, infatti, secondo la norma nazionale, la legge n. 394/1991, precisamente all’articolo 32, la caccia all’interno delle aree contigue può essere effettuata dai soli residenti nell’area contigua, nei comuni dell’area contigua.
Il comma presente all’interno della PL che stiamo per esaminare, il comma 4, apre la possibilità della caccia nelle aree contigue ai parchi nazionali anche ai non residenti.
Questo fatto, già sollevato nella sospensiva che abbiamo chiesto e presentato in Aula prima della discussione della legge, è un fatto conclamato e noto alla giurisprudenza nazionale.
Esiste un’ampia giurisprudenza.
Più volte la Corte costituzionale e i tribunali amministrativi regionali si sono espressi, perché le varie Regioni hanno tentato più volte di legiferare nella materia caccia derogando a quello che prevede la norma nazionale.
Quindi, la giurisprudenza rispetto a questo tema è molto, molto ampia.
Farò un piccolissimo accenno a questa, perché il tema su cui si va sviluppando questa giurisprudenza è la conservazione della fauna selvatica, che è una materia esclusiva statale.
È bene precisarlo perché, durante la discussione avvenuta in Commissione, l’assessore Onorati ha sostenuto la sua posizione e la sua tesi rispetto a questo comma dicendo che la Regione Lazio voleva essere all’avanguardia, capofila per le altre Regioni italiane su questo tema e portare questo tema in sede di Conferenza Stato-Regioni.
È bene precisare però che la giurisprudenza si è più volte espressa, recentemente e meno recentemente, sul riparto delle competenze delle Regioni sulla caccia e sul controllo della fauna selvatica, definendo che esiste un limite invalicabile da parte del legislatore regionale rispetto agli standard uniformi di tutela della fauna selvatica, stabiliti in via esclusiva dal legislatore statale, in quanto la fauna selvatica è un bene giuridico unitario, che si riferisce ad un interesse pubblico, espressione di un valore costituzionale assoluto e primario.
In materia di caccia la potestà legislativa alle Regioni non è attribuita dalla Costituzione quanto piuttosto dal legislatore statale, a mezzo di puntuali normative.
Su questo tema la Corte riconosce in capo al legislatore statale una competenza legislativa gerarchicamente superiore rispetto alla competenza legislativa e al legislatore regionale.
Questo va ridetto, perché è confermato in breve sintesi, quindi la questione della caccia all’interno delle aree contigue non può essere riferita alla gestione programmata dell’attività venatoria.
Piuttosto lì il tema di cui si parla è il controllo della fauna selvatica e la tutela della fauna selvatica, che è l’obiettivo principale dell’istituzione delle aree contigue vicine ai parchi nazionali.
Su questo tema si è già espresso anche il Consiglio di Stato con l’ordinanza del 13 dicembre 2018, che ha sancito il divieto assoluto di caccia da parte dei non residenti nelle aree contigue dei parchi.
Questa espressione del Consiglio di Stato è avvenuta in maniera specifica e puntuale sul calendario venatorio della Regione Lazio del 2018.
Nello stesso calendario venatorio la Regione Lazio derogava al già citato articolo 32 della legge n. 394, ammettendo alla caccia i non residenti nell’area contigua, ma già si è espresso il Consiglio di Stato nel 2018, stabilendo che esiste un interesse pubblico di tutela dell’orso bruno marsicano, che è prevalente rispetto alla pretesa regionale di garantire spazi ed occasioni di caccia e quindi occasioni ai cacciatori nell’esercizio dell’attività venatoria.
Per questo il calendario venatorio regionale è stato definito illegittimo.
Permettetemi di rivolgermi a un’Aula purtroppo semideserta, nonostante secondo me questo tema sia molto importante, perché riguarda la conservazione di una specie di fauna selvatica che non è una specie qualunque, perché è il principale e più grande mammifero italiano, l’orso bruno marsicano, una piccolissima popolazione che sopravvive nell’Appennino centrale, una popolazione endemica e a rischio di estinzione, la cui sopravvivenza, come più volte è stato dichiarato attraverso articoli scientifici e il Piano d’azione nazionale di tutela dell’orso bruno marsicano, è legata all’ampliamento dell’habitat dell’orso bruno, cioè la piccola popolazione di cinquanta individui di orso bruno marsicano che vive nell’Appennino centrale per poter sopravvivere a lungo termine deve necessariamente ampliare il proprio habitat, perché lì la densità di individui è talmente alta che non riesce più a sopravvivere.
Per questo è importante agire sul fronte laziale, in Provincia di Frosinone, tutelando questa popolazione sul versante dell’area contigua, quindi Frosinone nell’estremo più a sud della Provincia di Frosinone, ai confini con l’Abruzzo, ma anche leggermente più a nord rispetto alla tutela dei monti Ernici, dove è conclamata la presenza dell’orso bruno.
Il tema non è quindi caccia sì o caccia no nelle aree contigue, perché quello non si può fare: il tema è garantire la conservazione dell’orso bruno marsicano, che credo sia una responsabilità leggermente superiore all’attività venatoria, ma anche a qualsiasi tipo di attività o di intervento legislativo che deve essere fatto in questo Consiglio, cioè ci dobbiamo trovare tutti d’accordo rispetto a questo principio.”
8 – Disposizioni di semplificazione in materia ambientale: possibilità per le strutture amovibili ad uso temporaneo di rimanere istallate dentro parchi e riserve per ulteriori 3 mesi oltre i 6 già previsti in regime di salvaguardia (comma 11 dell’art. 9) – Secondo l’Assessore al bilancio “Si introduce peraltro al comma 11 la possibilità di estendere di ulteriori tre mesi il termine di sei mesi previsto per il mantenimento di strutture amovibili all’interno delle aree naturali protette, previo accordo con l’ente gestore e nel rispetto dei vincoli di tutela ambientale previsti.”
Non c’è bisogno di commento di fronte a questa volontà di devastare il territorio di parchi e riserve regionali con pergolati, gazebi, chioschi, tettoie, pergotende e palloni pressostatici, che non comportano trasformazione permanente del territorio.
Dovrebbe apparire in conclusione molto chiaro che le misure per lo sviluppo economico, l’attrattività degli investimenti e la semplificazione vengono prima della tutela dell’ambiente e del paesaggio.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi