L’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) ha pubblicato l’ultima edizione dell’Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi – aggiornata a fine 2018 –, che contiene le informazioni relative a volumi, masse, stato fisico, attività specifica, contenuto di radioattività e condizioni di stoccaggio dei rifiuti radioattivi italiani, compresi il combustibile esaurito e le sorgenti dismesse. Presi nel loro complesso, in termini di volume sono 30.906 m3 i rifiuti radioattivi presenti in Italia, mentre l’attività totale arriva a 2.945.019 GBq2: si tratta però di materiali molto diversi tra loro. La regione con il maggior volume di rifiuti è il Lazio, con 9.311 m3 , pari al 30,13% del totale; a seguire, la Lombardia (19,61%), il Piemonte (17,82%), l’Emilia Romagna (9,71%), la Basilicata (10,4%), la Campania (9,59%) e la Puglia (2,75%). La regione con la maggiore quantità di attività è invece il Piemonte (2.165.554 GBq, pari al 73,5% dell’attività relativa alla totalità dei rifiuti radioattivi presenti in Italia) seguita da Campania (12,3%), Basilicata (8,86%), Lombardia (3,33%), Lazio (1,89%), Emilia Romagna (0,08%) e Puglia (0,001%). In Italia, pur non essendovi più impianti nucleari in funzione ad eccezione di alcuni reattori di ricerca, è infatti presente un quantitativo non trascurabile di rifiuti radioattivi, a suo tempo generati – nella stragrande maggioranza – nel corso del programma nucleare ormai abbandonato, ai quali si aggiungono quelli prodotti da attività in campo medico – con le strutture sanitarie che conferiscono i rifiuti prodotti a soggetti autorizzati alla raccolta e allo stoccaggio –, industriale e di ricerca. I rifiuti di origine energetica, cioè quelli originati dalle centrali nucleari e dalle installazioni correlate al ciclo del combustibile, sono tuttora immagazzinati nei siti in cui sono stati prodotti; va precisato però che circa il 99% del combustibile esaurito, utilizzato nelle quattro centrali nucleari nazionali dismesse, non si trova più in Italia: nel […]