La storia politica di questi ultimi anni ci insegna che gli uomini politici che più pontificano di “non essere attaccati alla poltrona” sono quelli maggiormente abbarbicati alla poltrona dalla quale neanche i disastri di cui si rendono protagonisti – causa, da un lato, la loro impreparazione e dall’altro lato, la sfrenata ambizione che li divora – riescono a sradicarli. Chi si è maggiormente distinto in questa corsa ad occupare poltrone è tal Luigi Di Maio, giovane trentaduenne da Pomigliano D’Arco, dai trascorsi lavorativi e culturali zoppicanti ed incerti. Costui – che già a soli 26 anni ha ritenuto essere meritevole di occupare la prestigiosa poltrona di V. Presidente della Camera – è riuscito nel record (mai ottenuto da alcuno nella storia dell’Italia repubblicana) di cumulare nel governo la titolarità del vice primariato e di ben due fondamentali ministeri (con relative prebende e privilegi tra cui la “odiata” lussuosa berlina ministeriale), oltre a ricoprire la carica di capo politico, con pieni poteri, di un “Movimento” votato da oltre 11 milioni di cittadini. Nonostante le plurime ed importanti cariche, è riuscito, il Di Maio, a raggiungere un altro record (che difficilmente sarà mai eguagliato) e, cioè, causare il crollo verticale del M5S al quale ha fatto perdere, in un anno, circa 6 milioni di voti oltre ad aprire la strada alla destra neo-fascista con grave pericolo per la democrazia in Italia fortunatamente non verificatosi per la “follia” del capo della Lega, il ministro dell’Interno Matteo Salvini, di rompere l’alleanza di governo – quando, grazie, da un lato, alla sua spregiudicatezza e, dall’altro lato, all’incapacità e all’inadeguatezza del Di Maio – era riuscito a far salire il suo partito dal 17 al 34%, mentre il Di Maio faceva crollare il suo “Movimento” dal 33 al 17%. Un soggetto del genere – che da anni […]