Cara Milena,
abbiamo apprezzato molto il tono dialogante della sua risposta alla nostra lettera aperta, forse inconsapevole che il tuo articolo poteva aprire una specie di campagna pubblica motivata alla costruzione di nuovi inceneritori.
Su questo aspetto lei stessa potrà verificare che alcuni soliti media ed organi di stampa si sono sperticati subito dopo il suo articolo a tessere le lodi di questa tecnologia, ritenuta obsoleta sia in sede scientifica che in quella più propriamente istituzionale della commissione e del parlamento europeo.
Lei sicuramente avrà conoscenza del processo legislativo vigente dal 2018, avvenuto in sede di Commissione europea a partire dal 2016 sul pacchetto di economia circolare, che di fatto oggi non supporta più il “recupero di energia” ma solo il “recupero di materia” effettuato con il riutilizzo – il riciclaggio – la produzione di materia prima secondaria.
Tale percorso ha prodotto diversi atti tra cui la Risoluzione del parlamento europeo di aprile 2018 http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TC1-COD-2015-0275_IT.pdf sulla cui base sono state poi approvate le quattro Direttive a maggio 2018, in particolare l’art. 5 bis della 850/2018/CE sulle discariche: “c) il peso dei rifiuti urbani sottoposti alle operazioni di smaltimento mediante incenerimento e il peso dei rifiuti prodotti in operazioni di stabilizzazione della frazione biodegradabile dei rifiuti urbani, destinati a essere successivamente collocati in discarica, sono comunicati come collocati in discarica;” e l’art. 3 della 851/2018/CE sulla gestione rifiuti in cui l’incenerimento è stato assimilato allo “smaltimento” e non più al “recupero” genericamente: “«punto 15 bis. «recupero di materia», qualsiasi operazione di recupero diversa dal recupero di energia e dal ritrattamento per ottenere materiali da utilizzare quali combustibili o altri mezzi per produrre energia.
Esso comprende, tra l’altro, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e il riempimento;».
Ulteriore atto rilevantissimo è la successiva Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 27 marzo 2019 che all’art. 6 comma 1 punti f) e g) stabiliscono che i finanziamenti del programma FESR non saranno più destinati all’impiantistica legata al trattamento in incenerimento ed allo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani residui, identificati dal seguente emendamento “Per rifiuti residui si intendono principalmente i rifiuti urbani non raccolti separatamente e gli scarti del trattamento dei rifiuti”. http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-8-2019-0303_IT.pdf
Così come abbiamo molto apprezzato i tuoi precedenti articoli sull’attuazione di una vera economia circolare che è il tema su cui stiamo lavorando da tre anni, anche con qualche importante successo che può dare in parte la risposta alla domanda del che facciamo “qui ed ora”.
Premesso che la dotazione impiantistica di incenerimento è principalmente ubicata in Lombardia ed in subordine in Emilia-Romagna e Toscana oltre che in forma minore in altre regioni, nella sua analisi manca un pezzo importante che spieghi perché e come dal 2015 il governo PD (Matteo Renzi) abbia proceduto al far trasferire i rifiuti indifferenziati del Centro e del Sud, sinora sottoposti a vincolo di trattamento dentro la regione di produzione, potessero conferire presso gli inceneritori del Nord.
Questo in quanto è stata l’attuazione del famigerato art. 35 del decreto Sblocca Italia poi convertito in Legge 164/2014 a far decadere gli ambiti regionali di bacino di conferimento sulla base del comma 6 che stabilisce che per gli “impianti di recupero energetico non debbano sussistere vincoli di bacino ….. assicurata solo per la disponibilità residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre regioni.”, preceduto dal comma 3 che stabiliva che gli inceneritori “sia esistenti sia da realizzare sono autorizzati a saturazione del carico termico”.
Questa improvvida normativa non ha prodotto che enormi problemi su un sistema, che lei giustamente rileva si stava invece avviando alla sua obsolescenza programmata dato l’aumento della raccolta differenziata di qualità al nord, a causa dell’enorme aumento previsto nel 50% della capacità di incenerimento (da 6,2 Milioni/ton/anno > a 9,0 Milioni/ton/anno), sommando l’aumento dovuto alla saturazione del carico termico (circa 1 Milione/ton/anno) con quello dovuto ai nuovi impianti previsti (circa 1,8 Milioni/ton/anno) fortunatamente non andati in porto sinora.
Ovviamente tale aumento di capacità a saturazione del carico termico ha avuto l’effetto di un conseguente aumento al Nord da 4,5 Milioni/ton/anno a 5,5 Milioni/ton/anno con il conseguente previsto aumento di circa un quarto di emissioni di particolato tossico in una area come la valle Padana che risulta per il pm 2,5 la peggiore in termini di qualità dell’aria in tutta Europa.
Senza considerare l’ulteriore effetto secondario dovuto al fatto che l’attuazione del comma 6 dell’art. 35 non prevede affatto una priorità di accesso anche ai rifiuti speciali inceneribili prodotti nella regione sinora smaltiti negli impianti esistenti, tenendo conto che i rifiuti speciali sono in peso in media otto volte superiori a quelli urbani, se ne deduce che questo stia avviando l’invio di questi rifiuti presso i cementifici autorizzati a bruciare il CSS (con notevolissimi aumenti delle emissioni ed una peggiore capacità di filtrazione delle polveri) e la costruzione di nuovi inceneritori dedicati !!!
LA BUONA NOTIZIA
Lei dice di “non ricordarsi che qualcuno si sia opposto a questo problema … del trasferimento di rifiuti negli inceneritori del nord” , ma in effetti forse lei ed altri non sono proprio a conoscenza che almeno quattro associazioni riconosciute dal ministero dell’ambiente, tra cui la nostra che ha impugnato l’atto, hanno depositato entro dicembre 2016 il ricorso al TAR Lazio contro il decreto attuativo dell’art. 35 dello Sblocca Italia – DPCM 10-8-2016 che pianificava sia la capacità di incenerimento in esercizio che quella da autorizzare / realizzare con otto nuovi inceneritori al Centro ed al Sud per 1,8 Milioni/ton/anno.
Dei quattro ricorsi presentati al TAR Lazio in particolare soltanto il nostro, depositato da VAS onlus e da Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare supportato in adiuvandum da Comitato Donne 29 agosto di Acerra e dall’ass.ne Mamme salute e ambiente Venafro IS, ha ottenuto come richiesto il rinvio del giudizio alla Corte di giustizia europea di Lussemburgo con ordinanza TAR Lazio n. 4574 del 24-4-2018.
La CGUE ha esaminato le quattro diverse richieste di chiarimento del TAR Lazio, in ordine alla coerenza dell’art. 35 dello sblocca Italia e del DPCM attuativo con le Direttive europee 2008/98/CE sulla gestione rifiuti che la direttiva 2001/42/CE sulla procedura di V.A.S., sentenziando che il DPCM non è affatto in linea con la direttiva V.A.S. per mancata effettuazione della stessa, esprimendo anche giudizi critici sulla interpretazione della anomala definizione degli inceneritori quali “infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale” in ordine alle necessario rispetto dell’articolo 13 della Direttiva 2008/98/CE che recita che “gli Stati membri prendono le misure necessarie per garantire che la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all’ambiente, in particolare senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna.”
Secondo lei aumentare del 50% la capacità di incenerimento totale italiana passando da 6,2 a 9,0 Milioni/Ton/anno danneggerà o no la salute umana e comporterà o no pregiudizio all’ambiente in particolare all’aria ed al suolo in una area almeno circostante venti chilometri da ogni inceneritore, salvo improbabile smentita dal governo in sede di TAR Lazio con documentazione scientifica comprovata??
La sentenza della CGUE di fatto infatti rinvia il giudizio di merito al TAR Lazio, che si pronuncerà il 22 aprile 2020, con una sentenza che già ha scritto di fatto la decadenza del DPCM 8-10-2018 e quindi l’attuazione dei principi dell’art. 35 tra cui anche i commi già richiamati 3 e 6 che tanto danno hanno prodotto. http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=213860&pageIndex=0&doclang=IT&mode=lst&dir=&occ=first&part=1&cid=2118552
LE NOSTRE PROPOSTE ATTUABILI
Quanto possiamo fare tutti insieme “qui ed ora” è di nuovo sollecitare in primis il ministro all’ambiente Sergio Costa, ed a seguire le commissioni ed i gruppi parlamentari ognuno per quanto di competenza per:
a) Revocare immediatamente il DPCM 10-8-2016 e procedere alla riscrittura totale dell’art. 35 sulla base delle nuove Direttive europee, punto su cui stiamo elaborando una nostra proposta di legge concreta,
b) Recepire immediatamente le quattro Direttive europee sull’economia circolare, in particolare la 850 e 851/2018/CE, modificando il D. Lgs. 15272006 sulla base dei principi contenuti nelle stesse,
c) Esaminare la proposta di legge di iniziativa popolare “Legge Rifiuti Zero” depositata nel 2014, di cui il sottoscritto è primo firmatario, tuttora ripescata nel 2018 ma ancora in attesa di esame presso la commissione ambiente della Camera dei deputati http://www.camera.it/leg18/126?tab=&leg=18&idDocumento=3&sede=&tipo=
d) Esaminare le quattro proposte di legge da noi elaborate nel 2018, e sottoposte a petizione nazionale, che anticipando le Direttive europee prevedono già di rimuovere i principali ostacoli all’avvio di una vera economia circolare in Italia:
1. introdurre la tassazione di scopo su tutti gli inceneritori o “Waste Tax”, in quanto impianti di smaltimento parificati alle discariche;
2. ricalcolare l’importo attuale del C.A.C. – Contributo Ambientale CONAI, che attualmente per il riciclo degli imballaggi immessi sul mercato dalle loro stesse aziende associate di produttori copre appena circa il 20% dei costi necessari alla raccolta ed al trattamento di riciclaggio a differenza della originaria “copertura integrale dei costi” nel Decreto Ronchi modificato nel 2008. Tale incredibile dato è stato valutato nel 2016 dall’AGCM con apposita inchiesta IC49/2016 pubblicato sul sito e poi successivamente modificata, ma al momento il CONAI copre solo i “maggiori costi”, anche se con l’applicazione dell’art. 8 bis della nuova Direttiva 851/2018/CE dovrà coprire almeno l’80% dei costi;
3. introdurre ex novo tutta la normativa rispetto all’inquinamento olfattivo, un vuoto legislativo che da sempre impedisce di stabilire la molestia ed il disturbo olfattivo, il sistema di rilevazione del suo impatto ed il sistema monitoraggio delle fonti emissive, oltre che alle opportune sanzioni in caso di violazione. Tale norma riguarda tutti gli impianti che trattano rifiuti ma anche impianti di depurazione reflui urbani, grandi allevamenti e qualsiasi tipo di industria chimica o petrolchimica a ridosso delle città e dei centri urbani;
4. rivedere il sistema di incentivazione pubblica energetica, che oggi attraverso il GSE finanzia da sempre “il recupero di energia” con contributi a fondo perduto per circa 4 Miliardi di euro annui l’incenerimento e la combustione di biogas e biomasse, oltre circa 5 Miliardi di euro stanziati dal governo Gentiloni per la riconversione degli impianti biogas a cui sono scaduti gli incentivi vecchi per la riconversione a biometano. Noi proponiamo invece di incentivare il “recupero di materia”, che oggi riceve ZERO contributi, come il compostaggio aerobico per la produzione di compost agronomico di qualità ed il riciclaggio delle frazioni secche differenziata attraverso il recupero di frazioni plastiche e cellolosiche, anche dal secco residuo e la produzione di beni e materiali da materia prima secondaria.
Su tutte queste proposte e sulla nostra visione concreta ed attiva per una vera economia circolare sono nella piattaforma di cui inviamo il link, e siamo a sua disposizione per un confronto pubblico od un dibattito presso la vostra redazione. http://www.leggerifiutizero.org/wp-content/uploads/2019/10/Piattaforma-programmatica-transizione-verso-economia-circolare.pdf
La invitiamo con l’occasione a partecipare al prossimo evento previsto in protomoteca del Campidoglio il 23 ottobre ore 9,30 per discutere la nuova Delibera di iniziativa popolare sui rifiuti romani, da noi proposta e depositata con moltissime firme, per dare una svolta di medio-lungo periodo alla gestione dei rifiuti di Roma. Info www.deliberiamoroma.it
Cordialmente
Roma 10-10-2019
il presidente del Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare leggerifiutizero@gmail.com
La risposta di Milena Gabanelli alla nostra lettera aperta
Gentile Movimento Rifiuti Zero, Le mie battaglie a sostegno di una raccolta differenziata più responsabile e fatta meglio sono note, come pure sono note le mie denunce sulla mancanza di impianti di compostaggio e la mancanza di incentivi per rendere la filiera più virtuosa.
Ed anche un Dataroom (per tornare a tempi recentissimi) sulla urgenza di avviare una vera economia circolare e punire l’obsolescenza programmata.
Il mio ragionamento oggi parte da un dato di fatto: ogni giorno migliaia di tonnellate di rifiuti partono – su camion – dal Sud verso le regioni del Nord poiché al Sud non si sono attrezzati per smaltirli.
I capannoni che vanno a fuoco per autocombustione o perché incendiati (uno ogni 3 giorni), dagli atti della magistratura inquirente, contengono principalmente plastiche.
Probabilmente quella che prima riuscivamo a mandare in Cina e che oggi nessuno vuole più.
L’impatto ambientale è devastante e i costi di bonifica enormi, tutti a carico degli enti pubblici poiché “i responsabili” o non li trovi, o sono falliti.
Le aziende di riutilizzo sono concordi: il 30% dei rifiuti prodotti è scarto non riutilizzabile.
Cosa fare di questo 30% quindi?
L’Europa invita a non produrre più plastiche non riciclabili entro il 2030.
Ottimo!
Invita a dismettere gli inceneritori.
Ottimo!
La Lombardia ne stava dismettendo 3, l’Emilia Romagna 2, ma poi nel 2015 il governo ha invitato le regioni che hanno più impianti a prendersi i rifiuti del Sud.
Questo ha comportato, e comporta, che migliaia di camion vadano avanti e indietro (mi pare che le emissioni dei tir siano piuttosto inquinanti), che gli inceneritori che stavano chiudendo abbiano ripreso a pieno regime. Non mi ricordo che qualcuno si sia opposto a questo “spostamento del problema”.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che il mondo debba andare da un’altra parte, ma secondo lei è giusto che nell’attesa di diventare tutti virtuosi, una parte del Paese debba essere inondata di emissioni nocive (che si spargono per km come scrivete voi), che sopporti questo carico di trasporti pesanti, e in più paghi il prezzo della nuova filiera della criminalità generata proprio dal fatto che i rifiuti, più li sposti e più rendono?
Infatti sono aumentati i prezzi di conferimento agli impianti.
Guadagna il privato, paga il pubblico, e in mezzo qualcuno intossica intere città (A Milano per giorni solo le diossine sono state 100 volte sopra i limiti).
L’esempio di Bolzano l’ho citato perché, da quel che risulta, è quello di ultima generazione con la tecnologia più avanzata.
Dai dati dell’agenzia provinciale per l’ambiente il traffico della città di Bolzano emette PST 100 volte superiore a quelle che si misurano vicino al termovalorizzatore.
E il fatto che l’energia prodotta venga immessa in rete e non vada dispersa non credo sia un fatto trascurabile.
Come è fondamentale il fatto che la gestione è totalmente pubblica, quindi non deve guadagnare, ma ammortizzare i costi.
Al contrario di quel che avviene in tutti gli altri inceneritori o termovalorizzatori.
Per questa ragione credo – pragmaticamente – che se venisse costruito qualche impianto (uno o due?) modello Bolzano nei territori sprovvisti, si comincerebbe a chiudere – come era previsto – i 5 impianti del nord.
Ricordo che si stavano dismettendo per mancanza di roba da bruciare, poiché la differenziata e il riciclo avevano tolto “carburante”.
Quindi la dismissione, è la naturale conseguenza delle cose , quando ogni comune organizza una buona filiera mettendo il cittadino in condizione di rispettarla.
Non ho passione per gli inceneritori, non serve ribadirlo, però spiegatemi voi come se ne esce.
Con le discariche?
Perfetto, qualcuno le faccia, battetevi per farle!
Ci vogliono 7 anni per costruire un impianto?
In 7 anni è stata costruita l’Autostrada del Sole!
Perché 7 anni?
La mia campagna informativa su clima, ambiente, salute, sostenibilità, come potete vedere e leggere continua quasi ossessivamente, ma ogni tanto mi pongo qualche problema concreto, che riguarda il “qui e ora”.
Per quel che riguarda invece il titolo, non sono io ad occuparmene.
Se conoscete un po’ del mondo dell’editoria ben sapete che servono ad attrarre la lettura.
Importante che non dica cose diverse da quelle che sono poi nell’articolo.
Non mi pareva questo il caso.
Un cordiale saluto
Milena Gabanelli