ROMA. Il rimedio all’emergenza climatica cresce nei boschi. Tutti sanno che, per combattere il riscaldamento globale, è necessario passare da energie fossili come petrolio, carbone e gas a quelle rinnovabili, e che l’Europa vuole diventare leader mondiale raggiungendo entro il 2030 almeno il 32% di energia proveniente da fonti amiche dell’ambiente. In pochi però sanno che il legno è la prima tra le energie pulite: in Italia il materiale è alla base del 34% di tutte le fonti rinnovabili, da quella elettrica alla termica fino a quelle usate per i trasporti, seguita da energia idroelettrica (18%), pompe di calore (12%), fotovoltaico (9,5%), eolico (6,7%). Nel mondo e in Europa, la percentuale è ancora più alta. Ecco perché associazioni ambientaliste come Legambiente e Kyoto Club, insieme all’Unione dei comuni di montagna e a organizzazioni come AIEL, hanno lanciato una campagna di informazione rivolta ai cittadini italiani, “L’Italia che rinnova“, accompagnata dallo slogan “Scaldarsi senza scaldare il pianeta”. Molti si chiedono se la legna come fonte di riscaldamento danneggi il patrimonio boschivo. Il punto è che in Italia i boschi sono in costante aumento – dal 1936 al 2015 la crescita è stata del 72,6% – , ma per valorizzarli bisogna gestirli, anche perché una foresta gestita determina un risparmio di CO2 dieci volte maggiore. Nel nostro Paese preleviamo meno legna di quanto potremmo, dal 18 al 37% rispetto a quanto il bosco ricresce, mentre in Europa meridionale la media è del 62-67%, e questo perché abbiamo troppi boschi abbandonati. Eppure, il legno è la seconda fonte di riscaldamento per gli italiani dopo il metano (21%). Sicuramente la ragione è anche economica: legna, pellet e cippato hanno un costo medio di 45 euro/megawattora, circa la metà del metano (85 euro) e un terzo del gasolio (143 euro), senza contare gli incentivi […]