ROMA – Oltre la metà delle specie di alberi endemici d’Europa rischia di sparire.
Arbusti che non sono diffusi in nessuna altra zona della Terra e che verrebbero così cancellati dalla faccia del pianeta.
È la preoccupante conclusione a cui arriva l’ultimo rapporto dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), organizzazione non governativa internazionale che si occupa di valutare lo stato delle specie di animali e vegetali conosciute.
La notizia arriva significativamente nel giorno del #Fridaysforfuture, con milioni di giovani scesi nelle piazze di ogni angolo del globo per scioperare contro il riscaldamento globale.
In Italia le manifestazioni hanno coinvolto 180 città, tra cui Stornarella (Foggia) dove Potito, 12 anni, non si è lasciato fermare dalla constatazione di essere il solo a protestare.
Ragazzi che forse troveranno una motivazione in più nel report dell’Iucn.
I dati sono inquietanti e dicono che delle 454 specie di alberi native, cioè originarie dell’Europa, il 42 percento rischia di estinguersi sul continente.
Una cifra che sale al 58 percento se si considerano le specie endemiche, che non si trovano altrove.
Di queste, il 15 percento è considerata in pericolo critico, trovandosi a un passo dall’estinzione.
Le ragioni vanno ricercate nel disboscamento, nell’espansione delle aree urbane, nell’inquinamento e – non ultima – nell’introduzione di specie invasive.
Parassiti, funghi e pesti che possono sembrare fattori naturali, ma in realtà sono diffusi soprattutto dall’azione dell’uomo in quanto spesso arrivano insieme alle piante importate per ragioni commerciali.
“Giustamente siamo incoraggiati a piantare più alberi ma, nel farlo, dobbiamo stare molti attenti ad assicurarci che non arrivino con specie infestanti.
Bisogna aver cura della biodiversità“, ha detto al Guardian David Allen, autore dello studio.
Tra le specie di alberi a rischio troviamo molti nomi familiari.
Ci sono i frassini, gli olmi e molti alberi del genere Sorbus, dai frutti asprigni.
Un altro esempio è l’ippocastano, vittima della minatrice fogliare: un insetto che è stato per la prima volta avvistato nei Balcani e a partire dagli anni Novanta si è diffuso nel resto d’Europa.
Si nutre delle foglie dell’ippocastano, le fa ingiallire e cadere precocemente, portando in alcuni casi alla morte dell’arbusto nel giro di qualche anno.
In questo contesto il cambiamento climatico – scrive il giornalista di Internazionale Gabriele Crescente – sta “modificando la temperatura e l’umidità di molti ambienti, creando le condizioni perché le specie aliene possano insediarsi e quelle già presenti possano riprodursi più spesso, moltiplicando il loro impatto“.
Inoltre, nel medio termine, il riscaldamento globale provocherà lo spostamento di molte specie di alberi verso nord e a maggiori latitudini.
“Quelle di alta montagna, però, non avranno nessun posto dove andare – prosegue Crescente – le condizioni necessarie alla loro sopravvivenza non esisteranno più nel nostro continente.
È il motivo per cui gran parte delle specie menzionate dal rapporto dell’Iucn appartiene proprio a questa categoria“.
Tim Rich, un altro degli autori della ricerca, sottolinea che si tratta di un problema su scala globale e per cui sono necessarie politiche adeguate perché “non esiste un pianeta B“.
“Quando penso a come sarà questo posto nei prossimi cinquant’anni, è molto preoccupante“, conclude.
(Articolo di Rosita Rijtano, pubblicato con questo titolo il 28 settembre 2019 sul sito online del quotidiano “la Repubblica”)