Sea Watch, qual è il problema?

 

Le leggi del mare le fanno i marinai.

Donne e uomini che sanno che il mare non perdona. 

Restare umani, in mare, è spesso l’unica alternativa alla barbarie.

Vale anche a terra.

Le leggi del mare ci dicono che chi non presta soccorso in mare è un infame.

Chi si impegna a farlo, è un eroe.

Punto.

Per questo Greenpeace ha la più alta stima per quelle donne e quegli uomini che hanno deciso di non stare a guardare.

Per questo, Greenpeace ha presentato all’IMO (International Maritime Organization) una dichiarazione per conto di Sea Watch e di tutte le altre associazioni che stanno riscattando l’onore del nostro occidente.

Troppe foto di gente annegata stiamo tollerando, per esser certi di farla franca.

Ribellarsi a quest’assuefazione è un dovere.

Ed è qui che nasce il problema.

I numeri di dicono che di “migranti”, in Italia in generale e a Lampedusa in particolare, ne arrivano a centinaia.

Perché diventa un problema di ordine pubblico se sono un gruppo di ragazze e ragazzi, generosi e coraggiosi, a trarli in salvo verso quel porto sicuro che tutte le Convenzioni Internazionali definiscono come unico possibile attracco?

Semplicemente, perché queste donne e questi uomini si ribellano.

Non sono conformi al modello di società (autoritaria, patriarcale, competitiva) che sempre più spacciamo come il nuovo format della nostra civiltà.

Il problema è che i potenti di ieri e di oggi sanno benissimo, da tempo, i disastri che ci hanno preparato e pure continuano a prepararli. 

I “migranti” fuggono da condizioni disumane (conflitti, crisi ambientali e spesso entrambe) che derivano da scelte che oggi ci mettono tutti in pericolo: sono la spia, tragica, di un collasso sistemico di cui pure noi cominciamo a sentire gli effetti.

Negare i cambiamenti climatici, difendere gli interessi di chi continua a saccheggiare il Pianeta, in terra e per mare, è una pratica che non può prevedere il dissenso. 

Le ONG che sono attive nella ricerca e soccorso di naufraghi sono, anch’esse, solo una spia.

Il segnale che tutti noi, che non intendiamo piegarci alle logiche di questi comportamenti auto-distruttivi, diamo fastidio.

Eppure, non abbiamo altra scelta che continuare ad alzare la testa e a dire che no.

Non è questo il futuro che abbiamo sognato e che continuiamo a sognare. 

Resteremo umani, fino alla fine.

Al fianco di Pia, di Carola.

E dei loro carichi umani che nessuna politica immonda riuscirà a disumanizzare.

 

(Comunicato di Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, pubblicato con questo titolo il 1 luglio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

 

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