Parliamo di Europa e vediamo solo austerità, dando per scontato tutto quello che oggi abbiamo. Eppure non lo è. Basta andare a Schengen. È un piccolo villaggio del Lussemburgo, ma lì è stato firmato l’accordo che ha spalancato le nostre esistenze: in qualunque momento possiamo decidere dove andare a vivere, studiare o lavorare senza l’obbligo di passaporti, visti e permessi. L’abolizione dei controlli doganali ha cancellato le burocrazie e incrementato il commercio. Ed è merito della Comunità economica europea, divenuta poi l’Unione : senza di lei quell’accordo, a cui aderiscono 26 nazioni, non esisterebbe. Dal mercato unico a Erasmus Nessuno Stato, da solo, avrebbe potuto creare qualcosa come l’Erasmus. Nel 1987, quando iniziò il programma di scambi culturali 3.244 giovani partirono da 11 Paesi della Cee per studiare all’estero. Da allora, le partenze annuali sono centuplicate e 9 milioni di studenti hanno visto le loro vite cambiate: età media 24 anni, accolti in 5.000 istituti di 33 Paesi diversi, fra gli altri 843.000 italiani. Nel 2021-2027 partiranno altri 12 milioni di giovani. Terminati gli studi, cercheranno un lavoro nel mercato unico europeo. Il più grande mercato al mondo: 508 milioni di cittadini, 24 milioni di imprese e 14.000 miliardi di Pil annuale; un sistema che dal 1990 al 2017 ha creato 3,6 milioni di posti di lavoro in più, e aumentato di 1.050 euro il Pil pro-capite di ogni cittadino, grazie al libero scambio. A questo pilastro è ancorato l’euro. Prima valuta internazionale in grado di fronteggiare lo strapotere del dollaro , e — in Europa — del marco tedesco. Applicato dal 2002 è stato uno shock, ma garantisce la stabilità dei prezzi e dei cambi. Nell’89 pagavamo il 9, 99% di interessi sul debito pubblico, ora il 2, 83% . L’inflazione viaggiava al 6,60%, oggi all’1,20%. Costa meno viaggiare e telefonare L’Europa ha spesso fatto […]