Sono più che raddoppiate in otto mesi le persone che in Veneto risultano avvelenate dai Pfas.
A luglio 2018, quando la Regione rese pubblico il sesto Rapporto sull’andamento del Piano di sorveglianza sanitaria, risultavano 7.716 cittadini nati tra il 1966 e il 2002 per i quali era stato prescritto un percorso di approfondimento (di secondo livello) prenotando una visita negli ambulatori internistici e cardiovascolari.
Alla data del 5 marzo 2019 il numero è salito a 16.400 unità, pari al 64,8 per cento della popolazione monitorata.
Ma è solo la punta di un iceberg, destinata a crescere, se si considera che finora è stata chiamata a sottoporsi agli esami poco più del 50 percento della popolazione, in totale 47.213 persone.
Di queste hanno risposto 27.968 (61 percento dei chiamati) e gli esami completati sono 25.228, che equivale al 27 percento della popolazione da analizzare.
Per questo il numero di 16.400 cittadini andrebbe probabilmente moltiplicato per quattro: significa che le persone intossicate dai Pfas e che richiedono un approfondimento medico sono almeno 60mila, anche se non lo sanno ancora.
I Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche che hanno inquinato la falda che scorre sotto una parte delle province di Vicenza, Padova e Verona.
A scaricarle sono state le produzioni industriali nella zona di Trissino in provincia di Vicenza, dove è finita sotto inchiesta la Miteni, una società che più di trent’anni fa faceva parte del gruppo Marzotto, ma che poi è passata di mano a varie multinazionali.
La procura di Vicenza ha messo sotto inchiesta e si appresta a chiedere il processo per manager e direttori tecnici delle ultime gestioni, sostenendo che fossero a conoscenza dello sversamento chimico nel sottosuolo che sta causando un danno ambientale diffuso e si muove alla velocità del movimento della falda sotterranea.
Nella relazione della Regione Veneto non c’è solo la grave conferma delle migliaia di persone intossicate.
C’è anche la dimostrazione che tre sostanze Pfas su 14 sono presenti nel sangue della quasi totalità degli abitanti, mentre si stanno elaborando i primi dati riguardanti i bambini in età pediatrica che confermano lo stesso dato molto preoccupante.
Stranamente, il comunicato stampa della Regione (che però allega il Rapporto completo) non accenna al fatto che tre sostanze raggiungano sforamenti nel 97,4-99,9% dei casi, limitandosi a scrivere: “Sono quattro i componenti rinvenuti in più del 50% della popolazione monitorata”.
ANALISI DI SECONDO LIVELLO – Finora delle 16.400 analisi di secondo livello prescritte, ne sono state concluse 4.200, solo in provincia di Vicenza (un quarto del totale).
Dopo le analisi cardiologiche, l’80 percento delle persone è stato affidato al proprio medico di base, mentre il 17 percento dovrà effettuare nuovi esami e tornare dallo specialista, e per l’1,4 per cento si prevede un vero e proprio percorso diagnostico-terapeutico a causa di una patologia.
Per i soggetti valutati in ambulatorio internistico, la metà sono stati affidati al proprio medico di base, il 47 percento dovrà fare ulteriori approfondimenti e il 2,7 per cento è stato preso in carico per interventi terapeutici.
I casi di dislipidemia (disturbi ormonali e metabolici) accertati sono 251, i disturbi tiroidei 132, i casi di ipertensione arteriosa 51, le patologie del sistema urinario 35, i casi di diabete mellito 25 i casi di epatopatia 17.
Dalle analisi complessiva emerge che il colesterolo totale è fuori norma nel 31,18% dei casi, una percentuale che cala al 24,69 % per il Colesterolo Ldl e al 9,99% per il colesterolo Hdl.
PFAS PER TUTTI NEL SANGUE – Le analisi sono state effettuate nei 30 Comuni della Area Rossa, suddivisa in Area Rossa A (13 Comuni) e Area Rossa B (17 Comuni) a seconda della gravità dell’inquinamento degli acquedotti.
Il dato preoccupante è dato dalla presenza di tre tipi di Pfas in quantità superiore alla norma pressochè nella totalità della popolazione residente, accertata da 16.473 esami in Area A e 8.230 in Area B, per un totale di 24.703 soggetti.
Si tratta di Pfoa (acido perfluoroottanoico), Pfhxs (acido perfluoroesansulfonico) e Pfos (acido perfluoroottansulfonico).
Una quarta sostanza, il Pfna (acido perfluorononanoico), è presente in almeno il 50 percento delle persone.
Il livello tollerato è di 0,5 nanogrammi per millilitro di sangue.
Ebbene, tale soglia è superata nel 99,9 % delle persone per Pfoa, 97,4 % per Pfhxs e 99,8 % per Pfos.
Il Pfna sfora nel 52,1 % delle persone.
I livelli di concentrazione sono allarmanti.
Negli adulti il livello medio di Pfoa è pari a 64,6 nanogrammi per millilitro, 130 volte oltre la norma, ma un quarto degli adulti ha concentrazioni superiori a 170 volte la norma e il livello massimo accertato è di 1.400 ng/ml, ovvero 2.880 volte il lecito.
Per il Pfhxs, la media dei cittadini ha una concentrazione di 6,2 ng/ml, 13 volte più della norma, con un massimo di 127 ng/ml.
Per i Pfos siamo a una media di 4,8 ng/ml, quasi dieci volte la norma, con punte massime di 142 ng/ml, più di 180 volte il lecito.
L’indagine ha confermato un dato delle precedenti rilevazioni. “Le femmine presentano concentrazioni sieriche di Pfoa, Pfos e Pfhxs inferiori rispetto ai maschi”.
Il che è dovuto all’espulsione dei Pfas del sangue a causa delle mestruazioni.
ANCHE I BAMBINI – Su richiesta dei Comitati spontanei sorti a tutela della salute, la Regione Veneto ha avviato un anno fa anche l’analisi dei bambini, ovvero gli assistiti dai pediatri. Finora sono stati chiamati quelli nati nel 2008 e 2009 .
I risultati sono per ora limitati a 272 referti.
I dati sono quindi provvisori, ma confermano la tendenza degli adulti, anche se i valori assoluti delle concentrazioni sono più bassi, perché la durata della residenza in Area Rossa è inferiore (per una questione anagrafica).
Come per gli adulti la presenza di tre sostanze è pressoché totale nel sangue dei bambini: 99.06 % per il Pfoa, 96,3% per Pfhxs e 97,8% per Pfos.
Anche in questo caso la concentrazione dovrebbe essere inferiore a 0,5 nanogrammi per millilitro di sangue.
Ma per i Pfoa, un valore superiore ai 15 nanogrammi, ossia 30 volte la norma, riguarda tre bambini su quattro.
La media dice che i bambini hanno 31,4 ng/ml, 63 volte la norma.
La media però non racconta tutta la verità.
Non evidenzia che un bambino su quattro (25 per cento) ha più di 42 nanogrammi, 84 volte la norma.
E nei casi estremi si arriva a 132 nanogrammi, 264 volte la norma.
(Articolo di Giuseppe Pietrobelli, pubblicato con questo titolo il 15 aprile 2019 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)