Il 13 novembre 2018 VAS ha chiesto al Governo di impugnare presso la Corte Costituzionale le parti della legge della Regione Lazio n. 7 del 22 ottobre 2018 che hanno modificato la legge regionale n. 29/997 in materia di aree naturali protette regionale, di cui ha rilevato in allegato i seguenti vizi di legittimità, che il Consiglio dei Ministri nella riunione del 21 dicembre 2018 ha deciso di impugnare presso la Corte Costituzionale.
Art. 5, comma 1, lettera g) punto 2) [sostituzione e integrazione dell’ultima parte del testo del comma 4 dell’art. 26 della legge regionale n. 29/997] – Per l’approvazione di ogni Piano di Assetto viene ora a scattare un doppio silenzio-assenso: il 1° si verifica se la VIII Commissione Ambiente fa passare 3 mesi di tempo senza esprimere il proprio parere riguardo alla proposta di piano trasmessa dalla Giunta Regionale, il 2° si verifica se il Consiglio Regionale fa passare 4 mesi senza “esprimersi” sul Piano di Assetto: l’istituto del silenzio-assenso per l’approvazione tacita di qualunque tipo di pianificazione non è previsto dalla normativa vigente in materia (art. 13 della legge n. 241/1990) né dallo Statuto della Regione Lazio.
Su parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, Ministero dell’Interno, del Dipartimento della Protezione Civile e del Dipartimento della funzione pubblica, la suddetta disposizione è stata impugnata perché «nel modificare il comma 4 dell’articolo 26 (Piano dell’area naturale protetta) della l.r. n. 29 del 1997, introduce per l’approvazione del piano delle aree naturali protette regionali un vero e proprio meccanismo procedurale di silenzio assenso, che si pone in contrasto con le disposizioni specifiche stabilite dal legislatore statale con la legge n. 394 del 1991, all’articolo 25, comma 2, laddove è espressamente previsto che il “piano per il parco è adottato dall’organismo di gestione del parco ed è approvato dalla regione”, in violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera s),Cost., ovvero con i livelli minimi uniformi previsti dalla legislazione statale nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente.»
Art. 5, comma 1, lettera i), punto 7, punto 7.2 [integrazione del comma 2 bis dell’art. 31 della legge regionale n. 29/1997] – Il Piano di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) può derogare addirittura dalle previsioni del Piano di Assetto, con esclusione di quelle relative alla zona di riserva integrale, in violazione del 3° comma dell’art. 145 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” che vieta tassativamente deroghe dalle norme dei PTP e del PTPR nelle zone vincolate.
Su parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, Ministero dell’Interno, del Dipartimento della Protezione Civile e del Dipartimento della funzione pubblica, la suddetta disposizione è stata impugnata perché «reca talune modifiche al comma 2-bis dell’articolo 31 (Sviluppo delle attività agricole) della l.r. 29 del 1997, stabilendo che, il PUA, redatto secondo le modalità della l. r. 38/1999, previa indicazione dei risultati che si intendono perseguire, possa prevedere la necessità di derogare alle previsioni del piano dell’area naturale protetta redatto ai sensi dell’articolo 26, comma 1, lettera f), ad esclusione delle normative definite per le zone di riserva integrale.
Così disponendo la norma regionale si pone in contrasto con l’art. 25, comma 2, della legge n. 394 del 1991, secondo il quale il piano dell’area protetta regionale, con valore anche di piano paesistico e urbanistico, “sostituisce i piani paesistici e i piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello”.
Alla luce di quanto rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, si rileva il contrasto della norma regionale con il secondo comma, lettera s), dell’art. 117 Cost., poiché tendente a ridurre in peius i livelli minimi uniformi di tutela previsti dalla legislazione statale nell’esercizio della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente.»
N.B. – il Governo non ha rilevato anche la violazione del 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004 e ss.mm.ii. (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), secondo cui «le previsioni dei piani paesaggistici non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico», ivi compresi i Piani di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.)
Art. 5, comma 1, lettera h) punto 3) [aggiunta del comma 1 bis) all’art. 28 della legge regionale n. 29/1997] – Scatta il silenzio-assenso per ogni richiesta di rilascio di nulla osta per la realizzazione di interventi di edilizia libera che venga presentata allo sportello unico del Comune interessato anziché all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, in violazione quindi dell’art. 13 della legge quadro n. 394/1991.
Su parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, Ministero dell’Interno, del Dipartimento della Protezione Civile e del Dipartimento della funzione pubblica, la suddetta disposizione è stata impugnata perché «introduce il comma 1-bis all’articolo 28 della legge regionale 29/1997 (recante “Norme generali e procedure di individuazione e di istituzione delle aree naturali protette, dei monumenti naturali e dei siti di importanza comunitaria”) stabilendo che “la richiesta per la realizzazione degli interventi di cui all’articolo 6 del d.P.R. 380/2001 è presentata allo sportello unico di cui all’articolo 5 del medesimo decreto. Per tali fattispecie, il nulla osta di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso”.
Al riguardo, si propone di precisare che la richiesta che l’interessato deve presentare allo sportello unico edilizia (SUE) è volta esclusivamente a richiedere il nulla osta all’intervento poiché si tratta di un’area naturale protetta, mentre non riguarda anche la realizzazione in sé dell’intervento di edilizia libera, per il quale l’interessato non deve richiedere alcun titolo abilitativo.
Si segnala, inoltre, che, qualora si trattasse di un’attività di edilizia “produttiva”, per la stessa dovrebbe trovare applicazione quanto previsto dall’articolo 4, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 1690, ai sensi del quale: “Salva diversa disposizione dei comuni interessati e ferma restando l’unicità dei canale di comunicazione telematico con le imprese da parte del SUAP, sono attribuite al SUAP le competenze dello sportello unico per l’edilizia produttiva”.
D’altra parte, la stessa legge regionale in esame all’articolo 33, richiamando quanto già previsto dalla normativa statale di riferimento, prevede che sia il SUAP l’unico punto di accesso, quindi l’unico soggetto di riferimento per l’avvio e l’esercizio delle attività produttive.»
Art. 5, comma 1, lettera i) numero 5) – Il Governo ha voluto impugnare anche questa disposizione, non rilevata da VAS, che ha introdotto all’art. 31 della legge n. 29/1997 il seguente comma:
«1 bis. Sono consentiti e non rientrano negli obblighi di cui all’articolo 28 le ricorrenti pratiche di conduzione delle aziende agricole che non comportino modificazioni sostanziali del territorio ed in particolare:
a) la manutenzione ordinaria del sistema idraulico agrario e del sistema infrastrutturale aziendale esistenti;
b) l’impianto o l’espianto delle colture arboree e le relative tecniche utilizzate;
c) l’utilizzo delle serre stagionali non stabilmente infisse al suolo;
d) il transito e la sosta di mezzi motorizzati fuori dalle strade statali, provinciali, comunali, vicinali gravate dai servizi di pubblico passaggio e private per i mezzi collegati all’esercizio delle attività agricole di cui al presente articolo;
e) l’ordinamento produttivo ed i relativi piani colturali promossi e gestiti dall’impresa agricola;
f) la raccolta e il danneggiamento della flora spontanea derivanti dall’esercizio delle attività aziendali di cui all’articolo 2 della l.r. 14/2006.»
Sempre su parere del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Mare, Ministero dell’Interno, del Dipartimento della Protezione Civile e del Dipartimento della funzione pubblica, la suddetta disposizione è stata impugnata perché «aggiunge all’articolo 31 (Sviluppo delle attività agricole) della l. r. n. 29 del 1997 il comma 1-bis, che prevede l’esclusione dall’obbligo del nulla osta di cui all’art. 28 di una serie di interventi e attività che possono arrecare impatti, anche notevoli, sull’ambiente naturale, consentendo la relativa realizzazione/svolgimento in tutte le zone dell’area protetta, anche in zona A di riserva integrale, senza stabilire alcuna modalità di verifica e controllo sugli stessi.
Tale previsione si pone in contrasto con l’art. 13 della legge n. 394 del 1991 che prevede il rilascio di nullaosta da parte del soggetto gestore per le attività e gli interventi consentiti in area protetta, al fine di verificare la loro coerenza con la disciplina di tutela, o con gli strumenti di pianificazione e regolamentari ove vigenti, e la loro sostenibilità ambientale rispetto alle finalità istitutive, violando, pertanto, l’articolo 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente».
***********************************
N.B. – Sarebbe opportuna ora che nelle more della pronuncia della Suprema Corte i 13 Enti di gestione delle aree naturali protette istituite dalla Regione Lazio si astengano dall’applicare le suddette parti impugnate della legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018, specie in sede di rilascio dei nulla osta.