Nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ci sono 636 camosci (con 117 nuovi nati)

 

Oltre 60 operatori tra personale del servizio scientifico, Guardiaparco, Carabinieri forestali e volontari si sono spesi nel corso del 2018 per monitorare la popolazione di camoscio appenninico nel Parco Nazionale D’Abruzzo, Lazio e Molise, fornendo dati essenziali per monitorare lo stato della specie: le conte hanno restituito un numero minimo di 636  camosci di cui 117 nuovi nati, pari ad un tasso di natalità del 18%.

«La popolazione del Pnalm risulta, dal punto di vista numerico, sostanzialmente stabile, sebbene siano state riscontrate differenze significative tra le diverse aree di presenza», spiegano dal Parco.

«Nel complesso la popolazione di camoscio appenninico gode buona salute – dichiara il Presidente del Parco, Antonio Carrara – Il monitoraggio del camoscio nel 2018 ci restituisce un dato sicuramente positivo nel numero complessivo.

Una popolazione in leggera crescita, sostanzialmente stabile.

Tuttavia, non bisogna abbassare la guardia sulla conservazione».

Il dato più significativo è dato dai branchi che gravitano nella zona del Marsicano e in misura minore delle Gravare che mostrano un tasso di accrescimento di tipo esponenziale altamente significativo; l’espansione del camoscio sta avvenendo anche sulle Mainarde laziali, mentre nella zona Meta-Tartari i dati sono contrastanti: rispetto al 2017 si registra un aumento nel numero di animali contati (MINA= 176) e un tasso di sopravvivenza al primo anno del 64%, ma una diminuzione di circa il 30% nel numero di nuovi nati.

Di tendenza opposta, invece, i nuclei di camoscio nelle aree di presenza storica, con quantità che mostrano una tendenza negativa del numero minimo osservato, registrando un valore al di sotto della media degli ultimi 10 anni.

«Le analisi di queste tendenze – concludono dal Parco – ci indicano che siamo di fronte ad una popolazione matura che può presentare fluttuazioni nei suoi parametri, alcuni dei quali anche in modo significativo. 

I dati finora raccolti ci indicano quanto sia stato estremamente importante, nella conservazione del camoscio appenninico, l’ampliamento del Parco che ha consentito l’espansione dell’areale e oggi registriamo uno spostamento baricentrico della popolazione di circa 4 Km verso sud rispetto agli anni ’90.

E’ evidente che alcuni fattori, tra cui i cambiamenti climatici, il disturbo legato alle attività turistico-ricreativo in alcune aree, la promiscuità dei branchi con altri ungulati selvatici e domestici, invernate particolarmente rigide, possono determinare dei cambiamenti nella popolazione che a volte non sono evidenti nel breve periodo, ma che è opportuno monitorare costantemente».

 

(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 gennaio 2019 sul sito online “greenreport.it”)

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