La nuova edizione del rapporto Was, presentato oggi a Roma da Althesys e dedicato come ogni anno ad analizzare il settore della gestione rifiuti urbani nel nostro Paese, mette al nudo in non detto delle polemiche politiche che in questi giorni hanno preso di mira – da spalti contrapposti, M5S e Lega – la termovalorizzazione: termovalorizzatori sì o no?
Non è questa la domanda di cui abbiamo bisogno per praticare (oltre che per predicare) l’economia circolare.
Come del resto greenreport faceva sommessamente notare già due anni fa, in occasione dei nuovi termovalorizzatori individuati come necessari dallo Sblocca Italia, a servire è semmai «quella pianificazione strategica che è sempre mancata nel nostro Paese», come ha dichiarato oggi l’ad di Althesys – Alessandro Marangoni – alla presenza dei vertici delle maggiori aziende del settore rifiuti e i principali interlocutori istituzionali, che si sono confrontati sui profili industriali e sulle politiche nazionali.
Una riflessione che parte dai numeri: i più recenti messi in fila dall’Ispra ci dicono che nel 2016 noi italiani abbiamo prodotto 30,1 milioni di tonnellate di rifiuti urbani (ovvero circa 590mila tonnellate in più rispetto al 2015), che per il 26% sono state avviate a recupero di materia, per il 19% a compostaggio o trattamento meccanico biologico (frazioni che non sempre trovano poi sbocco sul mercato come materie prime seconde, purtroppo), per il 25% in discarica e per il 18% a termovalorizzazione, più altre forme minori di gestione (export compreso).
La gerarchia indicata dall’Ue per la gestione dei rifiuti, che vede nell’ordine riduzione, recupero di materia, recupero di energia e smaltimento in discarica, non è stata dunque rispettata.
Presto adotteremo il nuovo pacchetto normativo europeo sull’economia circolare, che impone obiettivi ancora più stingenti: riciclo (non “solo” raccolta differenziata) dei rifiuti urbani al 65% nel 2035, e smaltimento in discarica non oltre il 10%.
Dovremo quindi recuperare sia più materia sia più energia da rifiuti di quanto non siamo in grado di fare adesso, e ricorrere meno alla discarica.
L’Italia è pronta?
Non sembra.
«Sviluppare la raccolta differenziata e il riciclo è basilare – spiega Marangoni – ma serve ragionare sull’intera filiera del waste management.
Raccolti materiali riciclabili e rifiuti organici servono gli impianti per trattarli e valorizzarli.
Servono anche termovalorizzatori per recuperare energia dai rifiuti non recuperabili altrimenti, distribuiti in modo coerente con i fabbisogni sul territorio in modo da limitare gli impatti ambientali, sia dello smaltimento in discarica, o peggio illegale, sia del trasporto dei rifiuti su lunghe distanze».
Tra i più necessari figurano gli impianti per trattare la frazione umida – che pesa per il 41,2% di tutte le raccolte differenziate –, sia per produrre compost che biometano.
Secondo il rapporto Was serviranno da 16 a 56 nuovi impianti di questo tipo, a seconda dei target di raccolta differenziata e produzione procapite di rifiuti urbani che riusciremo effettivamente a conseguire.
E i termovalorizzatori?
Anche nel caso ottimale possono «essere necessari» nuovi impianti, ad esempio in regioni come la Sicilia «dove oggi mancano totalmente», ma nello scenario “alta produzione” di rifiuti è chiaro che «gli impianti delle regioni del Nord non sono sufficienti a coprire i deficit di Centro e Sud», con un fabbisogno totale di nuova capacità stimato in «260.000 tonnellate»; senza dimenticare che in ogni caso muovere ogni giorno centinaia di camion carichi di rifiuti su e giù per l’Italia a causa della mancanza di impianti di prossimità non sembra il massimo per contenere gli impatti ambientali.
Come aggiunge dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile l’ex ministro dell’Ambiente Edo Ronchi – il cui omonimo decreto ha dato il la alla raccolta differenziata in Italia vent’anni fa – al «Centro e al Sud potrebbe essere utile qualche inceneritore in più per gli scarti non riciclabili e per evitare nuove discariche», anche se naturalmente lo slogan “un inceneritore per provincia” sbandierato dal vicepremier Salvini rimane «un’enorme sciocchezza».
Anziché la stantia e insensata battaglia ideologica pro o contro termovalorizzatori, per risolvere l’eterno problema dell’Italia coi rifiuti urbani (per non parlare dei rifiuti speciali, che sono il quadruplo e sui quali abbiamo un quadro ancora più opaco) sarebbe necessaria una regia nazionale degna di questo nome, in grado di individuare gli impianti necessari a gestire – lungo i vari step della gerarchia ricordata poco fa – l’intera filiera.
Come conclude Marangoni, la «trasformazione dell’industria del waste management sta accelerando e il settore sarà nei prossimi anni molto diverso da come lo conosciamo oggi.
Serve dunque un salto in avanti anche dei policy maker italiani per disegnare una vera politica industriale».
(Articolo di Luca Aterini , pubblicato con questo titolo il 21 novembre 2018 sul sito online “greenreport.it”)