Antonio Esposito Nonostante aspre polemiche, non sembra che quanto avvenuto in Consiglio dei ministri, in occasione dell’approvazione del decreto fiscale, sia stato percepito in tutta la sua gravità sia sotto il profilo giudiziario che politico. Quanto al primo aspetto, se, come ha affermato Di Maio, una “manina” – dopo l’approvazione del decreto da parte del C.D.M. – ha inserito nuove disposizioni con le quali si è prevista la sanatoria per i capitali all’estero e, addirittura, la non punibilità per i reati di riciclaggio e antiriciclaggio connessi all’evasione fiscale, si è di fronte alla commissione del reato di falso materiale perché è stato alterato il contenuto dell’atto approvato dai pubblici ufficiali competenti (nella specie, i ministri) facendo così apparire, contrariamente al vero, che le disposizioni in questione provenivano dalla volontà dei medesimi. Ma, al di là degli aspetti di natura strettamente giudiziaria che non avranno alcun seguito, la vicenda è grave anche sotto il profilo politico ove si consideri che i cittadini – pur avendone il diritto – non verranno mai a conoscenza di quanto realmente accaduto. Infatti, sulla vicenda è stato già steso un velo pietoso: il Di Maio – dismesse le bellicose intenzioni di denunciare l’episodio alla Procura della Repubblica come “sbandierato” nella trasmissione “Porta a Porta” – ha, conciliante, affermato che non vi era più motivo di contrasto e che bisognava riscrivere il decreto (come è, poi, avvenuto). Il Salvini – già furioso al punto da tacciare di “bugiardo” il Di Maio che verbalizzava il testo che si stava approvando – è venuto a miti consigli dichiarando che non era il caso di provocare una crisi di governo “per un codice o per un codicillo” (!!), dando, così, prova di quale importanza (minima) egli, in realtà, dia all’evasione fiscale e al riciclaggio. Il professore di diritto Conte, […]