Mentre nel 2017 a Bonn era in corso la 23esima Conferenza delle parti dell’ United Nations climate change conference 8Cop23 Unfccc) 1.5364 scienziati di 184 paesi lanciarono su BioScience un fortissimo allarme sullo stato del nostro pianeta e per «evitare la miseria generalizzata e una perdita catastrofica di biodiversità». Tra loro c’era anche l’ecologo francese Franck Courchamp, direttore ricerca del CNRS che a 9 mesi dalla pubblicazione dell’appello fa il punto della situazione in un’intervista concessa a Philippe Testard-Vaillant su CNRS Le Journal: «E’ effettivamente qualcosa di mai visto. La prima messa in guardia del genere, formulata nel 1992 alla fine dell’Earth Summit di Rio, aveva riunito solo 1.700 firmatari, tra i quali, è vero, un centinaio di Premi Nobel. L’attuale manifesto è stato redatto da 8 specialisti internazionali del funzionamento degli ecosistemi ed è comparso il 13 novembre nella rivista BioScience. Tutto è cominciato dal biologo della conservazione americano William Ripple, che ha messo in evidenza il declino drammatico di quasi tutti i grandi carnivori e di tutti i grandi erbivori, degli animali che svolgono un ruolo cruciale nell’equilibrio degli ambienti naturali. William Ripple mi ha contattato il 20 luglio e mi ha chiesto di rilanciare questo grido di allarme, in particolare in Francia, ed è quello che ho fatto». Lappello del 1992, lanciato da Henry Kendall, premio Nobel per la fisica e allora presidente dell’Union of Concerned Scientists, esortava le società umane a «operare un cambiamento profondo nella loro gestione della Terra e della vita che ospita», dopo 25 anni cosa è stato fatto? PerCourchamp, «il divieto dei clorofluorocarburi (CFC) e di altre sostanze che impoveriscono lo strato di ozono ha avuto degli effetti molto positivi. Sono stati anche segnati dei punti nella lotta contro la fame e la povertà estrema. Ma se si tratta di foreste, di oceani, di clima e della biodiversità… le traiettorie […]