L’affaire “Villa Paolina” ha aperto il dibattito, politico, tecnico e urbanistico, su quali limiti incontrino gli interventi di demolizione e ricostruzione, con premialità di cubatura sino al 20%, oggi ammessi dall’art. 6 della legge laziale sulla rigenerazione urbana nel territorio di Roma. In primo luogo, occorre ricordare che lo specifico intervento di cui si tratta, risulta (dalle notizie “di stampa”) essere stato richiesto ed assentito in base al Piano Casa di cui alla L.R. 21/2009 e s.m.i., il cui art. 4 ammetteva interventi di “sostituzione edilizia”, da attuare con demolizione e ricostruzione con incremento volumetrico. 1. Centro storico, Carta della Qualità e Piano Casa La L.R. 21/2009 ammetteva interventi in deroga al PRG ma, al contempo, consentiva ai Comuni di individuare “ambiti del proprio strumento urbanistico ovvero immobili nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere storico, artistico, urbanistico ed architettonico, limitare o escludere gli interventi previsti nel presente articolo” (art. 2, co. 4). Dunque, oltre alle diverse esclusioni previste dal comma 2 dell’art. 2 della L.R. 21/2009, gli interventi previsti dal Piano Casa, erano suscettibili di essere limitati o esclusi, tramite precise e motivate scelte di governo del territorio da parte del Comune. Sicché, quanto ai centri storici, era – espressamente – possibile che si cumulassero, ai fini della non applicabilità del Piano Casa, sia le aree escluse ex lege, in quanto ricadenti “nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR)” (art. 2, co. 2, lett. a) L.R. 21/2009), sia ulteriori ambiti (o immobili) individuati dai Comuni. Roma Capitale, esercitando tale potere espressamente rimessole dalla legge regionale, era intervenuta con la delibera n. 9/2012 (“Disposizioni in ordine all’attuazione del Piano Casa della Regione Lazio, ai sensi dell’art. 2 della Legge Regionale n. 21/2009, come modificata dalle Leggi Regionali nn. 10 e 12 del 2011) […]