In un’area rurale nell’estremo nord-ovest della Russia, vicino a Murmansk, sono iniziate le prime operazioni di recupero di un centinaio di relitti di navi naufragate o affondate nell’Artico, che spesso contengono sostanze pericolose e radioattive. Lo scorso fine settimana il ministro russo delle risorse naturali ed ecologia russo, Sergei Donskoi, ha assistito al recupero della prima struttura metallica: parte dello scheletro di una nave affondata in mare. Il gruppo che si occupa del recupero dei relitti è composto d diverse istituzioni regionali di Murmansk, compresi procuratori, le agenzie di sorveglianza ambientale, le autorità portuali, l protezione civile e i gestori di rifiuti radioattivi. Il gruppo di lavoro, chiamato “Liquidazione dell’eredità nucleare dell’Artico”, è stato istituito in base a un decreto governativo del 2014 che prevede l decontaminazione e la riduzione di altri pericolosi impatti sull’ambiente nelle acque che circondano la regione di Murmansk. Del gruppo fa parte anche Rosrao, che gestisce le scorie nucleari russe e la messa in sicurezza di una grande quantità di materiale radioattivo scaricato nell’Artico dalla Marina militare sovietica. Quello avviato a Murmansk è in realtà un progetto pilota del governo federale russo per la ricerca di navi non nucleari che richiedono modesti finanziamenti – 50 milioni di rubli, o 876.000 dollari – ma si prevede che ci vorranno molti più soldi quando verranno definite strategie di smaltimento delle navi e la bonifica della Baia di Kola, con i suoi relitti nucleari sovietici. Il responsabile del progetto, Vladimir Khadobin, h dato il via alle prime fasi della bonifica all’inizio del 2016 e, entro la fine dello stesso anno, il gruppo di lavoro aveva identificato 48 imbarcazioni affondate al largo, mentre altri 48 relitti giacciono nelle acque basse o lungo le spiagge. Bellon, l’associazione ambientalista/scientifica norvegese/russa che tiene sott’occhio il nucleare sovietico e post-sovietico, spiega che […]