Iniziata ieri alle 18.05 italiane, l’eclissi solare totale che ieri è stata visibile in 14 Stati Usa – abitati da circa 12 milioni di persone – è stata forse la «più fotografata della storia», come sottolineano dall’Agenzia spaziale italiana. L’oscuramento del sole da parte della nostra luna «ha avuto il suo picco massimo intorno alle 19.15, e grazie soprattutto alla massiccia campagna di comunicazione della Nasa è stato seguito in tutto il mondo», con testimoni d’eccezione come l’astronauta italiano Paolo Nespoli, che si è potuto godere lo spettacolo – prontamente condiviso sui canali social – direttamente a bordo della Stazione spaziale internazionale. Ma che cosa succederebbe prolungando l’eclissi di ben oltre il naturale limite di qualche ora? La risposta non accoglierebbe tutto l’entusiasmo calamitato ieri, naturalmente. Anzi. Gli unici ad averne testimonianza diretta sul nostro pianeta, finora, sono stati i dinosauri. L’eclissi fu il loro tramonto. Come documenta lo studio On transient climate change at the Cretaceous−Paleogene boundary due to atmospheric soot injections, pubblicato su Pnas e commentato dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), in seguito all’impatto del gigantesco asteroide che 66 milioni di anni fa si schianto sull’attuale Yucatan si scatenò un’estinzione di massa che cancellò dalla Terra i dinosauri. Non solo a causa di «sconvolgimenti su scala planetaria come terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, e incendi», ma anche per colpa del buio. L’impatto dell’asteroide sollevò infatti dalle 15 alle 35 miliardi di tonnellate di ceneri che avvolsero il pianeta, impedendo alla maggior parte della luce solare di filtrare. La temperatura sul pianeta crollò – fino a 28 °C in meno su terraferma, -11 °C in mare – e arrivò la notte. «Un lunghissimo periodo di oscurità – fino a due anni di durata, a seconda dell’esatta quantità di ceneri – buio come una notte senza luna e capace dunque di fermare i processi di fotosintesi, in […]