Il bike sharing è uno degli argomenti più gettonati quando si parla di mobilità sostenibile. Dopo i primi esperimenti fallimentari fatti negli anni’60 ad Amsterdam e i primi successi dalla fine degli anni ’90, le città di tutto il mondo hanno fatto a gara a chi riuscisse a implementare il servizio più grande e migliore degli altri e a oggi si contano quasi 1200 servizi di bike sharing implementati in altrettante città. I diversi sistemi implementati si sono dimostrati dei veri game changer: partendo dal bike sharing città come Parigi, Barcellona, New York, Washington D.C., Londra ma anche la nostra Milano hanno iniziato a rimodellare il proprio schema di mobilità urbano e hanno inserito la bicicletta di diritto tra i mezzi di trasporto a disposizione della cittadinanza. Ma purtroppo non tutte le ciambelle riescono col buco e ne sappiamo qualcosa noi Italiani che abbiamo iniziato a diffidare di questa economia della condivisione applicata al mondo della bici. Il fallimento del servizio di bike sharing di Roma datato 2010 ha lasciato sul campo una serie di stalli vuoti e desolanti che ancora rendono difficile l’approccio alla materia. Lo stesso è avvenuto poi, seppure su diversa scala, per i servizi implementati in altre città come Alessandria, Lecce, La Spezia, Mestre, Cagliari, Vicenza e tante altre. Il motivo del fallimento è presto detto: biciclette facilmente vandalizzabili (in molti casi basta una brugola da 5 e una chiave inglese del 13 per smontarle integralmente), dimensioni troppo contenute dell’impianto, difficoltà di iscrizione al servizio, scarsa o nulla manutenzione. Ed è così che, dopo i tagli di nastri finanziati lautamente con bandi del Ministero dell’Ambiente e delle Regioni, molte città italiane si trovano oggi con gli scheletri di un servizio mai partito e una cittadinanza quanto mai scettica nei confronti dei sistemi di condivisione […]