Guido Pollice, Presidente di VAS
Le cose utili si ottengono partendo da risorse naturali (combustibili fossili, pietre, minerali, prodotti agricoli e forestali, animali) che vengono trasformate in merci: carburanti, elettricità, cemento, metalli, pomodori in scatola, carne, carta, eccetera; dopo l’uso delle merci una parte della materia va perduta sotto forma di gas, liquidi e solidi di scarto e rifiuto e va ad inquinare l’aria, le acque, il suolo.
Questa circolazione natura—merci—natura è tenuta in moto da un fattore invisibile, ma indispensabile che è l’energia fornita da alcune “fonti” che liberano calore o elettricità, le “forme” finali dell’energia, attraverso la combustione, il movimento o l’uso di macchine, eccetera.
Con il calore liberato dalla combustione del carbone è possibile trasformare i minerali in metalli o produrre elettricità; con quello liberato dalla combustione del gasolio si fanno girare le ruote dell’automobile; con quello liberato dalla combustione del metano è possibile scaldare le case; le fabbriche, le case, i treni, gli uffici hanno bisogno di elettricità, altra “forma” invisibile di energia che viene prodotta con combustibili o col moto delle acque, o con le “forze” del Sole e del vento e che arriva nelle fabbriche e nelle case attraverso le prese di corrente.
In Italia nel 2015 l’economia delle merci è stata tenuta in moto con una quantità di energia equivalente a quella che sarebbe liberata bruciando 150 milioni di tonnellate di petrolio (tep), immettendo nell’atmosfera circa 450 milioni di tonnellate di gas vari (gas serra) fra cui predomina l’anidride carbonica, responsabili dei mutamenti climatici.
L’economia produce molte altre centinaia di milioni di rifiuti, ma quelli gassosi responsabili dei mutamenti climatici sono tenuti sotto particolare osservazione.
Di quanta energia — gasolio, calore, elettricità — avranno bisogno i cittadini italiani nel 2030, sapendo che gli accordi internazionali impongono all’Italia, come a tutti gli altri paesi, di fare scelte merceologiche che immettano nell’atmosfera, ogni anno, una quantità di gas serra minore di quelle attuali ?
A questa domanda cerca di dare una risposta un recente documento intitolato: “Strategia energetica nazionale”, disponibile in internet nel sito, http://dgsaie.mise.gov.it/sen/Strategia_Energetica_Nazionale_2017_-_documento_di_consultazione.pdf (visitato il 16-7-2017).
Nelle 230 pagine il documento prevede che nel 2030 la quantità totale di energia usata in Italia sia più meno uguale a quella del 2015 (circa 150 milioni di tep/anno), ma prevede che le emissioni di gas serra diminuiscano sensibilmente (da circa 450 a circa 350 milioni di tonnellate all’anno di CO2-equivalenti) grazie ad un minore uso del carbone e dei prodotti petroliferi e ad una maggiore produzione di elettricità dal sole, dal vento, con le centrali idroelettriche e con l’uso delle biomasse.
Nel 2015 dei circa 285 miliardi di chilowattore di elettricità prodotti circa 65 sono stati ottenuti da fonti rinnovabili e altri circa 45 come energia idroelettrica, rinnovabile anch’essa.
La ”Strategia” prevede una rivoluzione tecnologica realizzata mediante soldi pubblici dati come incentivi a chi produce energia con minori quantità di gas serra e a chi propone macchinari, autoveicoli, elettrodomestici, edifici, che richiedono meno energia, a parità di servizio fornito, rispetto ai modelli attuali.
Si tratterebbe di molti soldi e c’è da immaginare che molti correranno per cercare di ottenere contributi statali per l’una o per l’altra soluzione, secondo i propri interessi finanziari che possono non coincidere con quelli dei cittadini e della natura.
Opportunamente il governo ha offerto la “Strategia Energetica Nazionale” alla pubblica discussione — per questo dovrebbe essere studiata ed esaminata nei partiti, nelle associazioni ambientaliste, nelle Università — per raccogliere critiche, commenti, proposte di modifica prima che venga incorporata nel “Piano clima energia” che il governo adotterà ai primi del 2018 come strumento di politica a medio termine.
Come movimento attento all’ambiente ci si aspetta che, nella revisione della “Strategia”, si presti maggiore attenzione ai prevedibili effetti ambientali, non solo relativi ai gas serra, ma anche a ciascuna delle varie soluzioni proposte.
Solo per fare un esempio: un aumento della diffusione degli impianti solari ed eolici comporterà una crescente richiesta di suoli; dove trovarli senza sacrificare le terre agricole coltivabili, come spesso finora ha fatto chi ha installato pannelli o pale eoliche solo per intascare i sostanziosi contributi statali ?
E ancora: da dove ricavare i molti milioni di tonnellate di biomasse previsti ogni anno come fonti di energia ?
È davvero virtuoso ricavare elettricità dall’incenerimento dei rifiuti solidi urbani, come avviene oggi ?
C’è da augurarsi che vengano specificati i settori industriali nei quali i mutamenti energetici potranno far diminuire gli inquinamenti e le nocività ambientali, assicurando occupazione duratura.
Un efficace “Piano clima energia” al 2030 presuppone innovazioni e ricerche per evitare le importazioni di dispositivi e di fonti energetiche rinnovabili, usando le conoscenze disponibili nelle nostre imprese e nelle istituzioni pubbliche italiane.
Va apprezzato l’inizio del cammino intrapreso dal governo, ma ci auguriamo di ottenere risposte più dettagliate e convincenti alla domanda, l’unica importante: quale e quanta energia occorrerà nei prossimi quindici anni, per fare che cosa e per chi ?
(Editoriale di Guido Pollice, Presidente di VAS, pubblicato sul numero 3-4 di marzo-giugno 2017 della rivista “Verde Ambiente”)
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N.B. – A giudizio di Giorgio Nebbia “l’editoriale del senatore Pollice di questo numero di Verde Ambiente, che ho appena ricevuto, tratta, a mio modesto parere il problema più importante, dal punto di vista ambientale-verde-energetico-economico, di questi tempi agitati.”