Nel mondo sono in fase di progettazione o costruzione più di 1.400 nuove dighe o deviazione di corsi d’acqua e molte di queste gigantesche opere riguardano fiumi che scorrono attraverso più Stati, alimentando le potenzialità di gravi conflitti per l’acqua tra alcuni Paesi. Il nuovo studio “Assessment of transboundary river basins for potential hydro-political tensions”, pubblicato su Global Environmental Change da un team di ricercatori spagnoli dell’Universidad Complutense de Madrid e del Water Observatory della Botín Foundation, statunitensi dell’Oregon State University e cileni del Centro de Estudios Avanzados en Zonas Áridas, utilizza un insieme di fattori sociali, economici, politici e ambientali per individuare le aree di tutto il mondo più a rischio di guerre “idro-politiche”. Questo studio su bacini fluviali e conflitti fa parte del Transboundary waters assessment program dell’Onu e i ricercatori hanno realizzato un analisi globale commissionata loro dalla Economic commission for Europe dell’Onu come indicatore degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per la cooperazione in materia di acque. Dallo studio emerge che, nei prossimi 15-30 anni, i rischi di conflitti sono proiettati a crescere in quattro hotspot regionali: Medio Oriente, Asia centrale, bacino Ganges-Brahmaputra-Meghna e i bacini dell’Orange e del Limpopo nell’Africa australe. Inoltre, il Nilo in Africa, gran parte dell’Asia meridionale, i Balcani nell’Europa sudorientale e Sud America settentrionale sono tutte aree nelle quali sono in costruzione nuove dighe e dove i Paesi limitrofi affrontano una crescente richiesta di acqua, dove mancano trattati applicabili o, peggio, non è stata ancora discussa la questione. Uno degli autori dello studio, Eric Sproles, del College of Earth, ocean, and atmospheric sciences dell’Oregon State University, sottolinea che «se due Paesi hanno già concordato il flusso e la distribuzione dell’acqua quando c’è una diga a monte, non esiste in genere un conflitto, Questo è il caso del bacino […]