Scalea. Politici e imprenditori da mesi non parlano d’altro: “Costruiremo strade e alberghi. Villaggi turistici e stabilimenti balneari. Grazie al nuovo aeroporto porteremo i turisti di tutto il mondo nelle nostre meraviglie”, dicono. Ed effettivamente non hanno tutti i torti: perché chi mai atterrerà a Scalea, Calabria, un passo dalla Riviera dei Cedri e dalla costa di Maratea, lo farà proprio all’interno di una di quelle meraviglie, il letto del fiume Lao, dove da quasi un anno stanno realizzando la nuova aerostazione. Per crederci basta guardare le foto dall’alto che Italia Nostra e Legambiente hanno scattato e inviato all’autorità giudiziaria, alla Regione e al Ministero dell’Ambiente per denunciare «l’assurdità di questo aeroporto che non potrà mai funzionare, è contro ogni legge e mette tutti a rischio: serve soltanto per far guadagnare soldi pubblici a imprenditori e non solo», spiega Renato Bruno, consigliere comunale del Movimento 5 Stelle che da mesi sta conducendo una battaglia contro la realizzazione dello scalo. Le parole di Bruno non sono casuali. Perché due milioni di soldi pubblici sono già stati spesi, lo scalo chissà se mai aprirà ma certamente qualcuno ci ha già guadagnato: la ‘ndrangheta. Un’ultima inchiesta della procura Distrettuale antimafia di Catanzaro ha documentato come Luigi Muto, figlio del boss Franco, pretendeva una tangente dello 0,7 per cento del finanziamento pubblico intascato dal gruppo Barbieri. E – così per lo meno si evince dalle intercettazioni – Barbieri pagava. Tant’è che in azienda si meravigliano del fatto che arrivi una seconda richiesta estorsiva: quando i dipendenti trovano una bottiglia piena di benzina e un accendino davanti al cantiere prima provano a non fare la denuncia («Queste sono cose di cui mi occupo io e basta!! Non se ne deve occupare nessun altro, sono cose che faccio io!!…perché io ce sono da cinquant’anni in […]