Inutile girarci intorno. Al di là della polemica Raggi-Berdini (strana questa diffusione di una “intervista” col contagocce, a orologeria, a chi giova?) il problema di fondo della Capitale rimane e rimarrà: dopo decenni di abusivismo edilizio, di urbanistica contrattata, di sviluppi guidati dagli interessi dei grandi proprietari-costruttori-immobiliaristi, di distruzione del verde e dell’Agro è possibile voltar pagina e praticare un’urbanistica nell’interesse della città? Il nuovo Stadio di James Pallotta & Parnasi è soltanto un capitolo di questo libro. Secondo l’Ispra, nel Comune di Roma risultano mangiati da asfalto e cemento almeno 31.000 ettari su 129.000, un quarto. Ma sono molti di più con l’abusivismo che, prima dell’ultimo condono, si era portato via 5.000 ettari. Con l’espansione a macchia d’olio, a Roma la città del ‘900 è molto densa, poi ad un semicentro ancora compatto seguono periferie sempre più rade, un’edilizia spray «ammazza»-campagna, costosissima da servire con gas, acqua, luce, trasporti, scuole materne. Riusare, ristrutturare, sostituire In ogni caso quei 31.000 e più ettari coperti dalla coltre di cemento equivalgono alla somma di Milano e Torino senza più un filo d’erba. Roma è scaduta dal 1° al 3° fra i Comune più verdi, dopo Andria e Cerignola. Dall’altro lato, si stima siano circa gli 185.000 alloggi vuoti, invenduti, e molti uffici (degli stessi Parnasi alla Bufalotta). I residenti sono da anni 2.800.000 (Milano è precipitata a 1.345.000 e Torino e Napoli sotto 1 milione). La parola d’ordine è riusare, ristrutturare, sostituire. È indispensabile una seria pianificazione fondata sull’interesse generale capace di contemperare i tanti interessi privati identificando i bisogni della comunità. Roma ha un disperato bisogno di non lasciar svuotare il centro storico, diventato un delirio per turisti, di ricucire il rapporto, di nuovo lacerato, il centro storico+città primo ‘900 e le periferie dove ci sono enormi problemi di trasporto […]