Paolo Berdini deve restare

 

Paolo Berdini è stato terribilmente ingenuo: si sa, «i figli delle tenebre sono più scaltri dei figli della luce» (Luca, 18, 6).

Ma difficilmente chi è stato polizzato a sua insaputa può rimproverare qualcosa ad uno che a sua insaputa è stato intervistato.

L’iperpersonalizzazione della politica italiana (e in particolare delle figure dei sindaci-capi, con la loro elezione plebiscitaristica) fa sì che il problema sembri quello della lealtà dell’assessore al sindaco.

No: il problema vero è la fedeltà della giunta al programma e ai cittadini.

Anzi, al bene comune.

Ora, non c’è alcun dubbio che Berdini è – e resta – un punto di riferimento per chiunque pensa che il male delle nostre città sia che abbiamo troppo, e non troppo poco, cemento.

Una delle famose 5 stelle rappresenta l’ambiente: se salta Berdini, è evidente che la giunta diventa a 4 stelle.

Allora, se Berdini deve saltare, deve saltare semmai sullo Stadio.

Se la Raggi dovesse cedere all’eterno potere dei palazzinari e ai tweet del Pup(olist)one, se ci si dovesse rassegnare al fatto che a Roma il sistema dei signori del cemento vige non solo con la destra e la sinistra, ma anche con gli antisistema: beh, in quel caso Paolo Berdini non avrebbe un solo motivo per restare.

Ma non ora.

Non perché ha detto ciò che – a torto o a ragione – dicono, con dispiacere e angoscia, moltissimi cittadini italiani, moltissimi militanti e moltissimi eletti del Movimento 5 Stelle.

 

(Articolo di Tomaso Montanari, pubblicato con questo titolo il 9 febbraio 2017 sul blog “Articolo 9” del quotidiano “la Repubblica”)

 

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