Davvero vincesse il no, la prova referendaria avrebbe del clamoroso: la sconfitta dell’uomo solo al (tele) comando. Un popolo che non si lascia incantare dai simboli del potere smentirebbe taluni assiomi sugli effetti narcotizzanti dei media. La testa delle persone rimane pur sempre la cosa più inespugnabile per le agenzie del potere che dispongono di media, denaro, indirizzi privati. Lo schieramento dei media, messo in campo dal governo per orientare l’esito del referendum, è impressionante. Le distorsioni cognitive ricercate dai canali dell’informazione sono palesi ed evocano consuetudini manipolatorie d’altri tempi. La confezione dei telegiornali obbedisce ad una precisa strategia di persuasione per la determinazione delle preferenze di voto. Nelle reti pubbliche si raggiunge un livello pervasivo di propaganda a favore del capo di governo (l’unico che è ripreso mentre parla ad un pubblico che plaude) e di annebbiamento delle altre posizioni in campo (quasi mai associate a manifestazioni con gente in carne ed ossa). L’uso manipolatorio dei media rientra nel clima di un plebiscito che accarezza la maggioranza silenziosa disponibile all’acclamazione. Nelle reti pubbliche senza alcuna garanzia di contraddittorio, Renzi monopolizza qualsiasi spazio dell’informazione per cercare una estrema resistenza al potere. I servizi dei telegiornali riprendono il capo solitario che parla, gesticola, imita, insulta. E per un tempo illimitato è lui solo che recita e occupa la scena di qualche teatro tramutato in un non-luogo che ovunque mostra le stesse scatole. All’esibizione del leader, riprodotta in video per interminabili secondi, segue un minestrone, con un infinito collage di citazioni spesso banali dei nemici. Lo schema è ben collaudato: la prima notizia è sempre il capo che, nella sua ubiquità, si propone come simbolo di vivente energia, contro tutti gli altri, richiamati solo in un secondo tempo con l’assemblaggio pigro di anonime veline. Non è casuale questo impianto scenografico che […]