Sulla riforma della legge sulle Aree protette passata in Senato il Movimento 5 Stelle e ha votato no e i senatori M5S spiegano che «dopo il lungo lavoro che è stato fatto in commissione, prima che il provvedimento fosse arenato, si è arrivati all’approvazione del testo in Aula al Senato con una serie di emendamenti del relatore che hanno vanificato tutto.
Come se il governo avesse dettato la riforma al relatore».
Intervenendo in aula, la portavoce pentastellata in Senato, Paola Nugnes, ha attaccato duramente il PD e i suoi alleati: «La logica è sempre la stessa, la maggioranza e il governo parlano di semplificazione per togliere i controlli, che sono invece fondamentali.
Lasciando il silenzio assenso dei ministeri e delle regioni, scippano le autorizzazioni ambientali alle sovrintendenze.
E nei piani di gestione del controllo della fauna selvatica, i pareri di Ispra non saranno più vincolanti, mentre il M5S invece avrebbe voluto che avessero dei limiti molto più cogenti, con limiti territoriali, temporali e numerici.
È stato eliminato il riconoscimento a Federparchi della titolarità di rappresentanza di tutti gli enti gestori, ma i parchi saranno tutti “politici”: se con la legge quadro 394 del ’91 si prevedeva che tutti i membri del consiglio direttivo fossero coinvolti nella conservazione della biodiversità, adesso solo il 50% saranno soggetti con competenze specifiche, l’altra metà saranno politici.
Adesso la palla passa alla Camera».
Anche il “Gruppo dei Trenta”, costituito da scienziati e personalità della cultura, che sostiene il documento nel documento “Aree protette tesoro italiano” delle associazioni ambientaliste contesta quanto ha approvato il Senato: «La “legge Caleo”, è un progetto legislativo che anziché provocare miglioramenti nel funzionamento dei parchi introduce gravi peggioramenti abbassando l’ombrello di tutela nazionale sulle aree naturalisticamente più importanti del Paese.
La stessa denominazione di Parco nazionale definisce proprio l’interesse generale dello Stato sui beni di interesse della Nazione.
Con le modifiche incluse in questo progetto di legge si privilegiano le istanze degli Enti locali che generalmente a loro volta sono pressati da lobbies e catene porta-voti.
Ci si allontana così da una corretta gestione tecnico naturalistica indipendente dagli interessi dei partiti che ormai sembrano considerare una regola l’equazione: Parchi = Poltrone .
Oggi molta politica sembra remare contro le conquiste di tutela ambientale ottenute con la Legge 394/91 che si vorrebbe modificare con il pdl Caleo, nonostante che essa non sia mai stata applicata completamente.
E questo, sotto varie forme, attraverso riposizionamenti a favore (do ut des) dei piccoli potentati locali; eliminando di fatto la possibilità che vi siano organismi indipendenti come i Parchi nazionali che fino ad oggi hanno fatto barriera agli interessi delle lobbies.
Per questo spesso i Parchi danno fastidio mentre gran parte della politica ha perso di vista gli interessi generali del Paese e spesso tiene in conto solo lo scambio voti-favori, soprattutto in campo edilizio dove dà fastidio che la pianificazione urbanistica dei Parchi sia ancora sovraordinata a quella dei Comuni».
Il “Gruppo dei 30” elenca quelle che ritiene le 10 misure maggiormente peggiorative inserite nel pdl di “riforma” della 394, eccole:
1) per la nomina del presidente non verrebbe richiesto alcun titolo concernente la conservazione della natura che è la “mission” dei parchi, ma solo una “comprovata esperienza nelle istituzioni, nelle professioni, ovvero di indirizzo o di gestione in strutture pubbliche e private” .
2) il direttore non verrebbe più scelto in base alle competenza naturalistiche e culturali ma secondo una “comprovata” e non meglio precisata “esperienza professionale di tipo “gestionale”. Inoltre non verrebbe più nominato dal Ministro tra un elenco di competenti (che esiste, non viene aggiornato da anni dal Ministero Ambiente e si vorrebbe abolire!) ma sarebbe nominato dal locale Consiglio direttivo, di fatto dall’uomo di partito – Presidente del Parco che sceglierebbe il Direttore tra persone di sua fiducia e dalle competenze imprecisate ovviamente uno yes man del Presidente stesso.
3) gli agricoltori entrerebbero a far parte dei Consigli direttivi dei parchi. E allora perché non altri soggetti economici che non hanno titolo in tema di conservazione della natura come i cavatori di ghiaia, di marmo, i pescatori, le cooperative di tagliaboschi, ecc?
4) un ‘associazione privata come Federparchi , incredibilmente diventerebbe la rappresentante ufficiale dei Parchi nazionali italiani, la qual cosa, oltre che gravemente lesiva dell’autonomia degli Enti parco, è vista dai giuristi come potenzialmente incostituzionale.
5) le attività economiche con impatto sull’ambiente dei Parchi , come nel caso degli impianti di estrazioni petrolifere, pagherebbero royalties decretando in tal modo, come cavalli di Troia, la fine dell’indipendenza degli stessi.
6) all’interno dei consigli direttivi la componente scientifica e conservazionista (già oggi fortemente ridotte) diminuirebbe ancora a favore dei portatori di interessi locali e di parte.
7) nulla si dice poi, circa un deciso potenziamento della sorveglianza e delle dotazioni organiche totalmente insufficienti all’interno delle aree protette nazionali e delle Aree Marine Protette.
8) sul possibile Parco nazionale del Delta del Po il “mancato raggiungimento dell’intesa tra Regioni precluderebbe l’adozione di un decreto sostitutivo del Governo”. Leggasi: non si farà mai.
9) sulla caccia. Modificando la legge precedente nelle cosiddette “aree contigue” ai parchi (una delle tante carenze di applicazione della 394/91) la caccia sarebbe permessa non più solo ai residenti – come si era civilmente prospettato con la 394 – ma anche a cacciatori provenienti dall’esterno. Allo stesso tempo la gestione faunistica viene affrontata in un modo assolutamente superficiale e inconsapevole della realtà, sia dei parchi che degli ecosistemi italiani.
10) è totalmente aggirato il principio (presente nella 394/91) della completa omologazione delle Aree Marine Protette ai Parchi nazionali. Viceversa le A.M.P. vengono lasciate in una situazione di totale indeterminatezza e in balia di improbabili Consorzi ai quali non vengono neppure conferiti i fondi necessari al funzionamento.
https://www.youtube.com/watch?v=jM6pBQUeAUo
(Articolo pubblicato con questo titolo l’11 novembre 2016 sul sito online “greenreport.it”)