Il vigente articolo 70 della Costituzione dispone testualmente:
SEZIONE II. – La formazione delle leggi
Art. 70
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva una sostituzione dell’articolo 70, contenuta all’art. 8 (dedicato al ”Procedimento legislativo”) che al comma 1 disponeva testualmente:
Art. 8.
(Procedimento legislativo)
1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali.»
Nella relazione al disegno di legge l’aggiunta del suddetto comma è stata spiegata nel seguente modo: «L’articolo 8 sostituisce l’articolo 70 della Costituzione, disciplinando l’esercizio della funzione legislativa. Tale funzione è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi costituzionali e di revisione costituzionale.»
Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.
Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato alle modifiche apportate al 1° comma dell’art. 70 del disegno di legge costituzionale S 1429 è diventato l’articolo 10 che ha il seguente testo:
Art. 10.
(Procedimento legislativo)
1. L’articolo 70 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«Art. 70. – La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’articolo 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore di cui all’articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma.»
Con riferimento all’art. 70 sul procedimento legislativo le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) dedicano un apposito paragrafo all’argomento e riportano le seguenti precisazioni: «L’articolo 10 del testo di legge costituzionale sostituisce il testo dell’articolo 70 della Costituzione, il quale attualmente sancisce la posizione paritaria dei delle due Camere nell’esercizio del potere legislativo (“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”).
La disciplina del procedimento legislativo viene adeguata alla nuova architettura costituzionale definita dalla riforma, che si fonda sul superamento del bicameralismo paritario.
La nuova disciplina differenzia dunque i poteri che ciascuna delle due Camere esercita nella formazione delle leggi, distinguendoli in funzione delle tipologie dei disegni di legge oggetto di esame.
Il nuovo procedimento legislativo definito dall’art. 70 Cost. si fonda dunque sulla seguente ripartizione:
a) procedimento bicamerale: è applicabile a determinate categorie di leggi (elencate dall’articolo 70, primo comma).
È caratterizzato da un ruolo paritario delle due Camere, che esercitano collettivamente e con gli stessi poteri la funzione legislativa, come nel sistema attualmente vigente.
I disegni di legge dovranno dunque essere approvati, nel medesimo testo, da entrambi i rami del Parlamento.
In tali casi, i disegni di legge potranno essere presentati ed inizieranno il loro iter indifferentemente alla Camera o al Senato (salvo che si tratti di disegni di legge di conversione di decreti-legge, che andranno necessariamente presentati alla Camera – v. art. 77).
…….
In questa sede i termini “bicamerale” e “monocamerale” sono utilizzati avendo riguardo alla fase di approvazione delle leggi: sono pertanto definiti “bicamerali” i procedimenti (e le leggi) in cui le due Camere sono poste su un piano paritario nella fase decisoria finale, mentre sono considerati “monocamerali” i procedimenti (e le leggi) in cui la decisione finale è rimessa alla sola Camera dei deputati.
Se si considera invece la partecipazione al procedimento legislativo, tutti i procedimenti risultano “bicamerali” perché a tutti i procedimenti prendono parte – sia pure, nella maggior parte dei casi, con poteri diversi – entrambe le Camere.
Le leggi bicamerali
Le leggi per le quali è mantenuto il procedimento legislativo paritario – in cui le due Camere esercitano collettivamente e con gli stessi poteri la funzione legislativa – sono tutte espressamente individuate dal primo comma dell’art. 70 Cost. (in alcuni casi con un’enunciazione diretta, in altri mediante il rinvio ad altre disposizioni costituzionali).
Esse possono essere ricondotte a tre grandi categorie:
1) Leggi “di sistema” o di garanzia: si tratta di leggi che incidono su aspetti fondamentali dell’assetto costituzionale o che danno diretta attuazione a disposizioni costituzionali:
- leggi di revisione costituzionale e altre leggi costituzionali; Il procedimento per l’adozione delle leggi costituzionali rimane disciplinato dall’articolo 138 della Costituzione, che richiede la doppia deliberazione da parte delle due Camere e consente il ricorso al referendum. Tale articolo non subisce modifiche ad opera del testo di riforma costituzionale;
- leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche;
- leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti i referendum popolari e le altre forme di consultazione (di cui all’art. 71);
- leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (di cui all’art. 80, secondo periodo);
- legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea;
2) Leggi relative al Senato o allo status dei senatori:
- legge elettorale del Senato (di cui all’art. 57, sesto comma);
- legge che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore (di cui all’art. 65, primo comma);
3) Leggi sull’ordinamento degli enti territoriali: si tratta di leggi che disciplinano gli assetti ordinamentali di Comuni, Città metropolitane e Regioni, con tendenziale esclusione della regolamentazione dei profili di carattere finanziario:
- leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni;
- leggi sull’ordinamento di Roma capitale (di cui all’art. 114, terzo comma);
- leggi di attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116, terzo comma;
- legge che stabilisce le norme di procedura per le Regioni e le Province autonome, nelle materie di loro competenza, sulla partecipazione alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi dell’UE e sull’attuazione e sull’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’UE e che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza (di cui all’art 117, quinto comma);
- leggi sul cosiddetto “potere estero” delle Regioni, ossia le leggi che disciplinano i casi e le forme in cui la Regione, nelle materie di sua competenza, può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato (di cui all’articolo 117, nono comma);
- legge che determina i principi generali per l’attribuzione del patrimonio a Comuni, Città metropolitane e Regioni (di cui all’art. 119, sesto comma);
Così può essere interpretato il richiamo alle leggi “di cui all’articolo 119, sesto comma”.
L’articolo 119, sesto comma, prevede infatti espressamente una “legge” solo al primo periodo, ai fini della determinazione dei principi generali per l’attribuzione del patrimonio agli enti territoriali.
Gli altri periodi intervengono in materia di ricorso all’indebitamento da parte degli enti territoriali, senza richiamare l’approvazione di una legge. Del resto, tutti gli altri richiami a norme costituzionali contenuti nel nuovo articolo 70, primo comma, in esame riguardano disposizioni costituzionali che prevedono espressamente “leggi”.
- legge che definisce le procedure per l’esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti degli enti territoriali e stabilisce i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente (art. 120, secondo comma);
- legge che stabilisce i principi fondamentali per il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente, degli altri componenti della Giunta regionale e dei consiglieri regionali, nonché per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza e che determina la durata degli organi elettivi ed i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione (di cui all’articolo 122, primo comma);
- legge che dispone il distacco di comuni da una Regione e la loro aggregazione ad un’altra Regione (di cui all’articolo 132, secondo comma). I disegni di legge che richiedono il procedimento bicamerale sono esclusi dall’applicazione dell’istituto del “voto a data certa”, introdotto dall’articolo 72, settimo comma. Per essi è invece ammesso il ricorso alla decretazione d’urgenza. In tal caso il procedimento resta invariato rispetto a quello attualmente vigente, con la sola particolarità della necessaria presentazione alla Camera, con conseguente inizio dell’iter presso questo ramo del Parlamento (cfr. art. 77).
Si rileva infine che un particolare tipo di procedimento bicamerale è previsto, nella fase transitoria, dall’articolo 39, comma 13, per le leggi di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, relativo al cd. “regionalismo differenziato” per le Regioni ad autonomia speciale.
Si tratta infatti di un procedimento bicamerale a maggioranza assoluta.
Viene infatti previsto che, fino alla revisione degli statuti – a decorrere dalla quale la riforma costituzionale si applicherà alle Regioni speciali – l’articolo 116, terzo comma, si applica alle Regioni speciali nel testo vigente prima della riforma costituzionale, limitatamente a determinate materie (organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione e tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).
(segue) Le leggi bicamerali
L’articolo 70, primo comma, secondo periodo, introduce a livello costituzionale una disposizione che va oltre la disciplina del procedimento legislativo e appare destinata ad innovare l’intero sistema delle fonti del diritto.
Esso prevede infatti che le leggi bicamerali, “ciascuna con oggetto proprio”, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate con il medesimo procedimento.
Il riparto di competenza legislativa tra le due Camere si basa dunque su cosiddette “leggi in senso formale”, intendendo la legge come fonte di produzione di una specifica normativa, unica sede idonea ad intervenire sugli ambiti enunciati dal primo comma del nuovo articolo 70.
In tal senso è stato superato nel corso dell’esame parlamentare, il concetto di “materie”, che nel testo originario del disegno di legge governativo presiedeva alla distinzione tra i diversi procedimenti legislativi.
Il concetto di “materie” si prestava infatti a rendere più indeterminato il confine tra i diversi procedimenti legislativi.
Riprova ne è il fatto che su questo concetto si fonda il riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni delineato dall’articolo 117 Cost., che, come noto, è stato fonte di un rilevante contenzioso costituzionale.
Le leggi bicamerali si prefigurano dunque quali leggi dal contenuto omogeneo che dettano una disciplina esaustiva dell’ambito di intervento loro affidato.
A tal fine, esse sono dotate di una forza passiva peculiare, potendo essere abrogate, modificate o derogate solo espressamente e da leggi ugualmente bicamerali.
Non è quindi consentito alle leggi monocamerali di intervenire in ambiti riservati alle leggi bicamerali.
Allo stesso modo, non appare consentito alle leggi bicamerali di disciplinare ambiti non riconducibili a quelli ad essa assegnati.
Inoltre, in forza della costituzionalizzazione del principio della modifica in forma espressa, non risulta più applicabile alle leggi bicamerali l’abrogazione tacita come prevista dall’articolo 15 delle preleggi.
Si ricorda che l’articolo 15 delle disposizioni preliminari al codice civile dispone che “le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore.”
Da ciò sembra dunque discendere che, in caso di incompatibilità tra due leggi, la legge successiva non “abbia la forza” di modificare o abrogare tacitamente la precedente, che dunque dovrebbe prevalere.
Per gli ambiti riservati alle leggi bicamerali, la legge posteriore deve dunque essere necessariamente coordinata con la legge precedente, utilizzando, ad esempio, la tecnica della novella o dell’abrogazione.
Anche le deroghe devono risultare espressamente, al fine di chiarire il rapporto di specialità delle nuove disposizioni rispetto alle precedenti.
Ciò risponde peraltro ai canoni della buona legislazione, come risultano dalle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi normativi, volte ad evitare le incertezze interpretative che inevitabilmente discendono dal mancato coordinamento tra le nuove disposizioni e la legislazione già vigente.
L’elemento di novità è che il mancato rispetto di queste regole è suscettibile di riverberarsi in un vizio di costituzionalità della legge.
Il riferimento all’’oggetto proprio’ delle leggi bicamerali sembra implicare, inoltre, che non appaiono ammissibili “leggi miste”, ossia leggi che incidono sia su ambiti riservati alla legge bicamerali che su ambiti rimessi alla legge monocamerale.
Questa nuova disciplina costituzionale avrà inevitabilmente riflessi anche sul procedimento legislativo, dal momento che già nel corso dell’iter parlamentare dovranno essere adottate misure per garantire il rispetto dell’articolo 70.
A tal fine, è ipotizzabile un vaglio di ammissibilità dei Presidenti delle Camere già al momento della presentazione dei progetti di legge, per assicurare la necessaria omogeneità ai fini dell’applicazione del pertinente procedimento legislativo.
Allo stesso modo dovrebbe orientarsi la valutazione circa l’ammissibilità degli emendamenti nel corso dell’iter parlamentare, al fine di escludere l’inserimento di disposizioni cui dovrebbe applicarsi un differente procedimento.
In sede attuativa, occorrerà individuare le leggi “ad oggetto proprio”, al fine di avere certezza circa l’ambito di applicabilità nel nuovo procedimento legislativo.
Per alcuni ambiti esistono già leggi vigenti che disciplinano organicamente l’intero “oggetto” richiamato dall’articolo 70, primo comma: così, ad esempio, la legge recante le disposizioni di attuazione dell’articolo 122, primo comma, è la legge n. 165 del 2004.
Per altri ambiti, esiste già una legge di disciplina dal contenuto omogeneo, anche se poi singole disposizioni riguardanti aspetti specifici possono essere contenute in altre leggi: in materia di referendum popolari, la legge di riferimento è la legge n. 352 del 1970, ma, a titolo esemplificativo, il rimborso delle spese per le consultazioni referendarie è disciplinato dalla legge n. 157 del 1999, mentre la par condicio durante le campagne referendarie è regolamentata dalla legge n. 28 del 2000.
Di più agevole identificazione appaiono poi le leggi che potrebbero essere definite “seriali”, in quanto caratterizzate da un oggetto che si presta ad essere ripetuto più volte: così le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea (di cui all’art. 80, secondo periodo), le leggi di attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (di cui all’art. 116, terzo comma), le leggi che dispongono il passaggio di comuni da una Regione ad un’altra (di cui all’articolo 132, secondo comma).
In altri casi, non è ravvisabile una normativa unitaria, in quanto l’“oggetto” è disciplinato in una pluralità di atti legislativi, con numerose sovrapposizioni ed intersezioni: così è il caso dell’ordinamento dei comuni e delle città metropolitane, la cui disciplina, inizialmente contenuta del testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. n. 267/2000, di carattere peraltro non esaustivo), è stata oggetto di ripetuti interventi ad opera di leggi ordinarie (si pensi, da ultimo, alla legge n. 56/2014, cd. “legge Delrio”), decreti-legge o leggi di stabilità.
In tali casi, potrebbe essere valutata l’opportunità di procedere, al fine di evitare incertezze circa l’applicabilità del procedimento legislativo, all’accorpamento delle disposizioni vigenti in un unico testo.
Problemi non si pongono infine per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, soggette alla procedura aggravata dell’articolo 138, alle quali del resto appare difficilmente riferibile il concetto di “oggetto proprio”.
Circa le eventuali questioni di competenza, si rinvia al commento al sesto comma (v. infra).»
LE RAGIONI DEL SÌ
Dal sito Basta un Sì
Articolo 70: approvare una legge non sarà più un percorso a ostacoli
Uno dei punti più importanti e innovativi della riforma costituzionale è, sicuramente, l’eliminazione di quello che viene definito bicameralismo “paritario”.
La materia è complessa, andiamo con ordine.
Spesse volte il sistema viene definito anche “perfetto”, sebbene nei suoi effetti concreti tanto perfetto esso non appaia.
La riforma si propone di velocizzare l’iter legislativo, senza mai perdere di vista il sistema di pesi e contrappesi, rimasto invariato rispetto all’originaria redazione della Costituzione.
L’articolo 70 della Costituzione, nella sua versione pre-riforma, stabilisce che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.
Un principio semplice e conciso, come fanno notare i sostenitori del No.
Eppure dietro tanta semplicità si cela la confusione: per far approvare una legge, c’è bisogno che entrambe le Camere si esprimano favorevolmente sullo stesso testo, identico persino nelle virgole.
E finché questo non avviene, la legge non può essere approvata.
C’è poi da aggiungere che, durante la storia repubblicana, tale “parità” è stata aggirata un numero smisurato di volte: maxi articoli, maxi emendamenti, canguri e canguretti sono solo alcuni degli strumenti che regolamenti e prassi parlamentari hanno teorizzato per ovviare alla eccessiva rigidità del bicameralismo paritario.
Se volgiamo lo sguardo al passato, il bicameralismo paritario trova la propria ragion d’essere nell’esigenza di ponderare ogni scelta, di contemperare pedissequamente ogni singolo interesse.
Dopo la dittatura fascista e con il rischio che altre forme di autoritarismo si instaurassero, era del tutto comprensibile.
Ma i tempi sono cambiati, e le società e gli assetti politici mondiali altrettanto.
Sarebbe attuale mantenere in vigore un sistema disallineato rispetto al contesto in cui è chiamato ad operare?
Certamente no.
Per questo motivo, la riforma compie un gigantesco passo in avanti: definisce le competenze delle due Camere, rispettando le nuove funzioni di queste, e sopprime il polveroso bicameralismo paritario.
Il disposto dell’articolo 70 si divide, sostanzialmente, in due parti: la prima, che stabilisce puntualmente quali sono le leggi la cui approvazione permane bicamerale, e la seconda, che stabilisce la competenza esclusiva della Camera rispetto all’approvazione di tutte le altre leggi.
La domanda che alcuni si pongono è: perché non eliminare direttamente la possibilità, per il Senato, di intervenire nel procedimento legislativo?
Per un motivo molto semplice.
Se il Senato diviene camera delle autonomie, è coerente con il nuovo assetto istituzionale che questo abbia la facoltà di esprimersi in maniera vincolante sulle leggi che incidono sugli enti territoriali.
Un esempio: il primo comma dell’articolo 70 stabilisce che debbano essere approvate da Camera e Senato le leggi di cui l’articolo 119, sesto comma, le quali riguardano il patrimonio degli Enti locali.
È evidente che il senso di questa previsione, come delle altre, sia quello di sottoporre al vaglio del proprio organo di rappresentanza tutte le decisioni che incidano sulla vita quotidiana degli Enti locali.
Al Senato viene anche permesso di inserirsi nell’approvazione di quella categoria di leggi che potremmo definire, kelsenianamente, “fondamentali”: leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali.
Queste intervengono non solo a livello nazionale, bensì anche a livello locale, ed è giusto che il Senato abbia la possibilità di legiferare a pieno titolo.
……………….
Più dettagli, meno incertezze. Perché l’Articolo 70 passa da 9 a 439 parole
Uno degli argomenti usati dal fronte degli oppositori alla riforma costituzionale è la “lunghezza” del nuovo Articolo 70 della Carta, che avrà 439 parole contro le 9 della formulazione attualmente vigente.
Un allungamento oggettivo, che però ha una motivazione altrettanto oggettiva.
L’Articolo 70 della Costituzione entrata in vigore nel 1948 disciplina il famigerato bicameralismo paritario.
La Costituzione attuale recita dunque: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere”.
Sono 9 parole appunto, da “La” fino a “Camere”.
Dietro tanta brevità e semplicità, però, si cela il problema dei problemi: la duplicazione del lavoro e delle funzioni di Camera e Senato, l’assenza di tempi certi per l’approvazione delle leggi e la famigerata navetta parlamentare (quello che noi definiamo il “ping pong”).
Un articolo breve che determina incertezza e lungaggini, insomma.
Per “differenziare” il bicameralismo e attribuire a Camera e Senato funzioni diverse, c’era inevitabilmente necessità di più parole.
Bisogna specificare in quali ambiti il Senato conserverà pienamente la funzione legislativa e in quali essa spetterà alla sola Camera.
Bisogna disciplinare la tempistica con cui il Senato potrà proporre modifiche alle leggi della Camera, le attività conoscitive e le osservazioni che il Senato potrà predisporre per la Camera, le modalità attraverso cui la Camera terrà conto o no delle modifiche proposte dal Senato.
Con il Sì al referendum, si sceglie dunque di passare da 9 a 439 parole, ovvero di semplificare e di rendere più efficiente il funzionamento dell’attività del Parlamento italiano.
Pensate ad un’azienda e immaginate se l’organizzazione interna fosse disciplinata così: “Tutti fanno tutto”.
Basterebbero 3 parole, ma quali sarebbero le conseguenze?
Una disciplina puntuale dei compiti e delle responsabilità di ognuno richiede qualche parola in più, ma è la garanzia di una maggiore chiarezza e funzionalità.
Oppure immaginiamo un automobilista che chiede un’indicazione stradale dal centro di Milano per arrivare a Bologna, si potrebbe rispondere: “Imbocca l’A1 ed esci a Bologna”.
In tutto 7 parole, ma è un’indicazione chiara quella che stiamo dando?
Per spiegare come arrivare all’autostrada dal centro della città e poi da lì fino a Bologna, occorre qualche dettaglio in più.
Altro esempio, familiare a tutti, lo troviamo in cucina: avete mai provato a seguire una ricetta che abbia poche parole?
Come: “butta la pasta”, “fai il sugo”… Non sempre la brevità è sinonimo di semplicità.
Infatti, il nuovo articolo 70 ha molte più parole e proprio per questo è più semplice.
Più la spiegazione è dettagliata ed esaustiva, meno spazio viene lasciato a interpretazioni divergenti; in poche parole: meno conflitti.
D’altro canto, non ha senso alcuno giudicare gli articoli dal numero di parole.
Se così fosse, cosa dovremmo pensare del primo articolo della Costituzione degli Stati Uniti con le sue 2246 parole?
Un’altra obiezione dei sostenitori del No al referendum costituzionale riguarda l’utilizzo, nel nuovo Articolo 70, di rimandi espliciti ad altre disposizioni della Costituzione (le famose formule “di cui al comma” o “di cui all’articolo”).
Tali rimandi sarebbero ineleganti in un testo costituzionale.
Si può concordare, oppure si può considerare che essi sono inevitabili, nella misura in cui lo scopo della disciplina dettagliata del nuovo bicameralismo è proprio quello di eliminare incertezze e conflitti di attribuzione sulla funzione legislativa.
Si può ritenere che anche la riforma oggetto di referendum meritasse una “revisione” linguistica da parte di qualche esperto letterato.
Anche a costo di qualche sacrificio di leggibilità, però, il merito del nuovo Articolo 70 è innegabile: anzi, la nostra sensazione è che esso renderà non solo più semplice l’iter di approvazione delle leggi, ma la qualità stessa della normativa.
La riforma val bene un rimando.
LE RAGIONI DEL NO
Massimo Villone, già senatore e professore di diritto costituzionale della Università Federico II, ha individuato 30 ragioni per dire NO alle riforme della Costituzione e legge elettorale Italicum.
Massimo Villone
La 11° e 12° di queste ragioni riguardano il presunto superamento del bicameralismo paritario.
Il giurista Luca Benci ha espresso al riguardo il seguente giudizio.
Luca Benci
«3. La funzione legislativa – Come abbiamo visto, nella riforma renziana il Parlamento rimane bicamerale. Verrebbe messo in soffitta il c.d. “bicameralismo perfetto” sostituendolo con una confusa differenziazione soprattutto nella parte legata alla funzione legislativa.
…….
Attualmente nella costituzione del 1948 “la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due camere” come recita l’articolo 70.
Nove parole estremamente chiare che vengono sostituite da 432 parole costruite con una tecnica legislativa decisamente involuta che, nell’articolo 70 riscritto, delinea ben quattro procedimenti legislativi diversi tra di loro: per essere ancora più chiari vi saranno quattro modi diversi di fare leggi al posto di uno.
Per chi si è fatto alfiere della “semplificazione” è un paradosso.
Cercando di semplificare un articolo 70 riscritto (male!) possiamo così schematizzare i procedimenti legislativi:
1) leggi bicamerali;
2) leggi approvate dalla sola Camera, con possibile esame del Senato entro dieci giorni;
3) leggi approvate dalla sola Camera, con necessario esame del Senato entro dieci giorni;
4) leggi approvate dalla sola Camera, con necessario esame del Senato entro quindici giorni.
Leggi bicamerali
È la stessa procedura che da sempre conosciamo: stesso testo approvato da Camera e Senato.
L’elenco delle leggi bicamerali è lungo ed è suddiviso per materia.
Riguardano le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, sulle minoranze linguistiche, sui referendum, su comuni e città metropolitane, sulla partecipazione e all’attuazione delle norme sull’unione europea, sull’eleggibilità dei senatori, sulla legge elettorale del senato, sulla ratifica dei trattati dell’unione europea, sull’ordinamento di Roma, sul regionalismo differenziato, sulla partecipazione delle regioni speciali alla formazione e all’attuazione di norme Ue, sulle intese internazionali delle regioni, sul patrimonio degli enti territoriali, sui principi della legge elettorali delle regioni ordinarie, sul passaggio di un comune da una regione all’altra.
………………….
Alla fine si contano – tra procedimenti e sottoprocedimenti – dieci modi diversi di produrre atti normativi primari.»
Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.
Alessandro Pace
«7.3. Procedimenti legislativi …
7.3.1. La Camera dei deputati, con la legge Boschi, eserciterebbe, collettivamente col Senato, la funzione di revisione costituzionale e la funzione legislativa in un numero limitato di importanti materie elencate nel “nuovo” art. 70 comma 1.
…..
7.3.2. I procedimenti legislativi disciplinati dalla riforma Boschi dai tre attuali (il procedimento normale, quello di conversione dei decreti legge e quello costituzionale) sono diventati otto, secondo una classificazione (G. Azzariti, 2016) che considera l’iter di volta in volta seguito:
1) procedimento bicamerale paritario che ricorre nei 16 ambiti materiali indicati dall’art. 70 comma 1.
Tali leggi, « ciascuna con oggetto proprio », potrebbero « essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma », per cui, qualora non avessero un oggetto proprio, potrebbero essere dichiarate incostituzionali per vizi formali (E. Rossi);
……
La riforma Boschi, che si era proposta «l’obiettivo di semplificare il procedimento di formazione delle leggi ritenuto, non a torto, troppo farraginoso nel sistema attuale di bicameralismo perfetto», è invece riuscita nel capolavoro di passare da uno a otto distinti iter (G. Azzariti, 2016).
Col rischio, secondo la maggioranza degli studiosi, di non infrequenti conflitti procedurali, che potrebbero addirittura configurare — data l’inadeguatezza dell’«intesa non procedimentalizzata tra i presidenti delle due Camere» (“nuovo” art. 70 comma 6) — vizi di costituzionalità, di natura procedimentale, di competenza della Corte costituzionale (G. Brunelli, P. Caretti, 2016, E. Cheli, 2016; G. Piccirilli; contra però M. Manetti, 2015).
Di qui, sotto un profilo più generale, l’intuitiva importanza del Presidente del Senato nel procedimento legislativo (e quindi la delicatezza della scelta della persona), sia sotto il profilo dell’indipendenza dell’organo (nell’ottica del Parlamento), sia, all’opposto, per poter influire sui lavori del Senato (nell’ottica dell’esecutivo). »
Sulle leggi bicamerali ha dato il seguente giudizio Daniele Granara, Docente di Diritto costituzionale nell’Università di Genova e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino, nonché Vice Presidente di VAS.
Daniele Granara
«Il Senato dovrebbe svolgere delle funzioni anche paritarie con la Camera, nei casi di revisione costituzionale, leggi costituzionali, autonomie territoriali, formazione ed attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea, per cui in tali ipotesi il bicameralismo rimane perfetto, mentre per il resto è una Camera di disturbo, che non esiste in alcun Paese europeo, secondo un meccanismo che prevede che il Senato, entro dieci giorni dell’approvazione di un disegno di legge, può disporre di esaminarlo e, entro i trenta giorni successivi, chiedere alla Camera di apportare modifiche.
È del tutto evidente che la predetta funzione non verrà esercitata per leggi di secondo piano, che anche nel sistema vigente si approvano rapidamente, ma su questioni che avranno provocato ampio dibattito nel Paese (si pensi alla recente esperienza della legge sulle unioni civili).
Ne consegue che, anche con il nuovo regime, si porrà certamente un problema politico.
Quindi, anche tecnicamente, la riforma è profondamente sbagliata e demagogica, in primis in ragione dell’incarico gratuito che i senatori svolgeranno.
Dalla semplice lettura della riforma sul punto, si nota che il Senato non ha funzioni di poco rilievo.
Pertanto, per come è strutturata la sua composizione e legittimazione, nonché per la gratuità dell’incarico, verosimilmente tali funzioni saranno svolte poco seriamente e il Senato sarà un organo dannoso.»
Il professor Vittorio Angiolini, docente di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano, co-firmatario dell’appello per il no dei 56 costituzionalisti, ha espresso al riguardo la seguente valutazione, rispondendo ad una intervista.
Vittorio Angiolini
«Poniamo che si passi questo piccolo ostacolo. Lei rileva un vizio anche in tema delle “nuove” competenze delle Camere.
VA Nel testo della riforma, il Senato perde la funzione di dare la fiducia al Governo ma mantiene funzioni legislative.
E si differenziano i procedimenti.
I fautori del Sì ne hanno contati due.
In realtà non è così.
Abbiamo un florilegio di procedimenti differenziati.
Cito un esempio: la legge con cui lo Stato interviene nelle competenze regionali, secondo il nuovo articolo 117 della Costituzione, per quella che è definita come “l’unità giuridica ed economica” -che non si sa cosa sia ma questo poi lo stabiliranno i giudici, ancora una volta -, non solo dovrà essere approvata da entrambe le Camere ma c’è una previsione inedita.
Questo tipo di legge potrà essere proposto soltanto dal Governo.
Bene, avremo un Parlamento che delibererà leggi per cui l’iniziativa è preclusa ai membri del Parlamento stesso.
Dopodiché, ai sensi del “nuovo” articolo 70, Camera e Senato dovrebbero legiferare insieme tutte le volte che si parla di “attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea“.
Chiunque sa che è molto difficile che vi sia una materia regolata dalla legge nazionale che non sia toccata da una direttiva comunitaria.
E poi ancora le due Camere voteranno insieme in merito a “organi di governo, funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni“.
La questione non è tanto se tutto rimanga come prima, quanto il fatto che tutto diventi più complicato di prima, visto che la competenza generale di legislazione dovrebbe essere solo della Camera.
Ma questa differenziazione di materie, passibili di mille interpretazioni sull’intervento del Senato, possono dare luogo ad incostituzionalità per vizio di procedura.
In che senso?
VA Se la Camera dei Deputati delibera da sola in una materia per cui sarebbe prevista la partecipazione del Senato, la legge è incostituzionale.
Se il Senato interviene in una materia in cui in realtà spetta la competenza solo alla Camera dei Deputati, la legge è incostituzionale.
È il festival delle controversie procedurali di fronte alla Corte costituzionale.»
Andrea Fabozzi ha espresso allo stesso riguardo il seguente giudizio: «Riportare la campagna elettorale al contenuto della riforma è faticoso, le pillole di «merito» dispensate da palazzo Chigi sono tutte avvelenate.
«Se vince il sì, per fare le leggi e votare la fiducia sarà sufficiente il voto della camera come accade in tutte le democrazie», ha scritto ieri Renzi.
Ma in Europa ci sono 13 paesi con un sistema parlamentare bicamerale, tra i quali Germania, Francia e Spagna.
Bicamerale resterà anche il nostro: dopo la riforma ci saranno almeno sei diversi procedimenti legislativi, quattro dei quali passano per il senato.
Non lo diciamo noi: lo ammette il governo nel volantino che ha prodotto per spiegare il nuovo articolo 70 della Costituzione.
Prima era composto da 9 parole e adesso, per «semplificare», da 439. »
Considerazione finale – Se con il testo di riforma definitivamente approvato il procedimento bicamerale paritario ricorre nei 16 ambiti materiali indicati dall’art. 70 comma 1, allora risulta ingannevole il testo del titolo della stessa legge di riforma (“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario”), dal momento che questo superamento non c’è stato in tutto e per tutto.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi