Il vigente articolo 68 della Costituzione dispone testualmente:
Art. 68
I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.
Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva le seguenti modifiche, contenute all’art. 6 che disponeva testualmente:
Art. 6.
(Prerogative dei parlamentari)
1. All’articolo 68 della Costituzione sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, le parole: «Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento» sono sostituite dalle seguenti: «Senza autorizzazione della Camera dei deputati, nessun deputato»;
b) al terzo comma, le parole: «membri del Parlamento» sono sostituite dalla seguente: «deputati».
Nella relazione al disegno di legge le modifiche sono state spiegate nel seguente modo: «L’articolo 6 sostituisce il secondo ed il terzo comma dell’articolo 68 della Costituzione, limitando ai soli componenti della Camera dei deputati le garanzie e il procedimento di autorizzazione ivi previsto per la sottoposizione a perquisizione, arresto o altra privazione della libertà personale, nonché a intercettazioni e a sequestro di corrispondenza, fermo restando per i membri di entrambe le Camere il regime di insindacabilità dei voti dati e delle opinioni espresse nell’esercizio del mandato assicurato dal primo comma del medesimo articolo 68.»
Il testo definitivamente approvato è quindi rimasto quello dell’art. 68 della Costituzione.
LE RAGIONI DEL SÌ
Dal sito Basta un Sì
Immunità parlamentare: perché la riforma non la modifica
Il disposto dell’articolo 68 è sicuramente uno dei più insidiosi, ed è stato oggetto di continue interpretazioni, giuridiche e politiche, sin dall’inizio della storia Repubblicana.
La riforma costituzionale non prevede alcuna modifica.
La previsione originaria dell’articolo 68 stabiliva che ‘I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.’
Continuava il disposto dell’articolo 68 prevedendo che ‘senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; né può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l’ordine di cattura.’
In ultimo, la parte finale dell’articolo in questione prevedeva che ‘eguale autorizzazione’ dovesse essere ‘richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.’
L’originario disposto dell’articolo 68 trovava la propria ragion d’essere nella fase storica del dopoguerra.
Il nostro Paese non solo usciva dal secondo conflitto mondiale, ma anche da 20 anni di regime dittatoriale, durante i quali la libertà dei deputati che rappresentavano posizioni divergenti veniva proibita, spesse volte con soluzioni estreme.
Garantire, in prima istanza, l’insindacabilità delle opinioni e dei voti espressi e, in subordine, l’improcedibilità penale, sanciva una importante garanzia di libertà: quella di espressione ed attività politica.
Tutti i paesi occidentali e democratici, infatti, prevedono l’immunità parlamentare.
Questo sistema di garanzie, genericamente chiamato ‘immunità parlamentare’, è stato profondamente innovato dalla legge costituzionale del 29 ottobre 1993, n. 3.
Se il primo comma è rimasto invariato rispetto alla formulazione originaria del 1948, il resto dell’articolo ha subìto un aggiornamento coerente con l’evoluzione della funzione stessa dell’immunità.
L’attuale secondo comma dell’articolo 68 stabilisce che ‘senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione’.
Fa eccezione al principio generale di cui sopra il caso in cui vi sia ‘(…) una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.’
Qual è il senso di queste importanti modifiche?
Precedentemente il Parlamentare non poteva essere sottoposto a procedimento penale senza autorizzazione della camera di appartenenza.
In buona sostanza, i processi si bloccavano.
Ad oggi, con le modifiche introdotte nel ’93, la situazione è profondamente cambiata.
Se un parlamentare viene giudicato colpevole – se vi è, dunque, una sentenza passata in giudicato – oppure se viene colto in flagranza di reato, la camera di appartenenza – o, in mancanza, il Senato – non ha alcuna possibilità di opporsi alla applicazione della pena.
Il processo va avanti, senza fermarsi.
Cosa è rimasto, allora, della autorizzazione a procedere?
Questa ha assunto la funzione di consentire l’applicazione di misure cautelari, limitative della libertà personale e non, prima che si venga giudicati colpevoli.
La camera di appartenenza, prima di concedere l’autorizzazione, deve valutare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tali misure.
Medesima procedura deve essere seguita per sottoporre un parlamentare ad intercettazioni.
L’argomento è spinoso, ma merita una presa di posizione chiara.
Il meccanismo di garanzia sopra descritto ha un profondissimo valore storico, e privarsene potrebbe costituire una spia di allarme per il nostro sistema democratico.
Per questo motivo la riforma costituzionale lascia l’articolo 68 invariato.
Assurdo che nel 2016 le democrazie possano crollare?
Non così tanto.
Qualche miglia più ad est, la Turchia, che formalmente si presenta come un Paese contemporaneo, ha avviato un processo di compressione delle libertà democratiche , anche e soprattutto attraverso l’indebolimento di quel sistema di garanzie che permettono l’espressione di una posizione contraria.
Indebolimento che ha consentito la rimozione di centinaia di giudici e parlamentari che osassero contrapporsi alla linea di maggioranza.
La nostra, tuttavia, è una democrazia matura, rivolta al futuro.
Ma una democrazia, e più in generale una società, che intenda guardare al futuro, non dimentica mai le fondamenta su cui è stata solidamente edificata.
LE RAGIONI DEL NO
Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.
Alessandro Pace
«In compenso, oltre all’insindacabilità per i fatti posti in essere nell’esercizio delle proprie funzioni, i senatori-consiglieri regionali o sindaci godrebbero comunque dell’immunità “personale” ex art. 68, comma 3 Cost.
Il che ha suscitato malevole, ma non infondate interpretazioni, correndo così il rischio, il Senato, di essere trasformato in un refugium peccatorum in conseguenza dell’attuale abnorme numero dei consiglieri regionali indagati (o addirittura rinviati a giudizio). »
Massimo Villone, già senatore e professore di diritto costituzionale della Università Federico II, ha individuato 30 ragioni per dire NO alle riforme della Costituzione e legge elettorale Italicum.
Massimo Villone
La 7° di queste ragioni riguarda l’immunità anche dei futuri senatori.
Dott. Arch. Rodolfo Bosi