Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, ex direttore della Scuola Normale di Pisa e editorialista di (Einaudi, 2016) ci ha inviato una lettera aperta al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha accettato di rispondergli ILLUSTRE Senatore Napolitano, ho la più grande considerazione per la Sua cultura politica e per la Sua figura, tra le poche di questi decenni che resteranno nella storia d’Italia. È proprio per questo che mi permetto di rivolgerLe rispettosamente tre domande a proposito della proposta governativa di modifica della Costituzione, sulla quale il popolo italiano si esprimerà in un referendum convocato secondo l’art. 138 della Carta. Primo punto: la riforma che Lei oggi sostiene, e che ha sostenuto già da Capo dello Stato (al punto che il presidente del Consiglio l’ha definita “riforma Napolitano”), coincide in alcuni punti essenziali con la riforma Berlusconi-Bossi che Lei vigorosamente osteggiò con memorabili interventi, e che 16 milioni di italiani bocciarono nel referendum popolare del 2006. Analogo è il rafforzamento dell’esecutivo, in ambo i casi presentato come finalità delle modifiche. Assai simile è la metamorfosi del Senato (“federale” nel 2006, “delle autonomie” nel 2016), che in ambo i casi non esprime la fiducia al governo. Quasi identico al precedente del 2006, in questo nuovo tentativo di riforma, è il “bicameralismo imperfetto”, secondo cui ogni legge approvata dalla Camera dev’essere trasmessa al Senato, che può chiedere di riesaminarla, e deve comunque esprimersi sempre su numerose materie (artt. 55, 70, 72), nonché su tutte quelle che comportino “funzioni di raccordo” con le Regioni, i Comuni o l’Europa (art. 55). Quel che Lei, in un intervento al Senato del 15 novembre 2005, chiamò “una soluzione priva di ogni razionalità del problema del Senato, con imprevedibili conseguenze sulla linearità ed efficacia del procedimento legislativo” appare insomma assai vicino a quel che 56 […]