Da qualche giorno uno dei luoghi simbolo di Firenze ha cambiato aspetto. Due scultoree, eccentriche porte ‘d’oro’ – apparentemente in ottone, comunque ricoperte da una vistosissima patina dorata – sono apparse nella testata meridionale della facciata dello Spedale degli Innocenti, in piazza Santissima Annunziata. La prima, quella che si apre nel corpo pieno del fronte brunelleschiano, ha un telaio che esce dalla parete e si protende prepotentemente verso la piazza. La seconda – lì accanto, dalla parte di Via dei Fibbiai – si apre come la saracinesca di un garage da film di fantascienza o di spionaggio. È difficile esagerare l’importanza del portico degli Innocenti, ideato da Filippo Brunelleschi nel 1418-19: non è improprio definirlo la prima architettura del Rinascimento. Anzi, il primo spazio urbano rinascimentale: l’incunabolo inestimabile di un nuovo modo di leggere il mondo, e di riscriverlo. L’incipit della città moderna. Qui, per la prima volta, il vocabolario classico (colonne, paraste, archi, capitelli, trabeazioni…) risorge ad una vita nuova: diversa da quella antica, ma non meno alta e non meno gravida di futuro. Qui per la prima volta l’architettura è pensata in termini geometrici e aritmetici: il corpo umano è la misura, gli occhi sono lo strumento, la mente è il primo cantiere. Generazioni di architetti, e di semplici cittadini, hanno idealmente salito in ginocchio la scalinata (aggiunta da Rossellino) che sale verso quella sublime, pausatissima danza di archi e colonne: la semplicità fatta perfezione. Rompere l’equilibrio formale di uno simile monumento ha lo stesso significato che dipingere i baffi alla Gioconda. Come se qualcuno colorasse di blu elettrico la palla dorata sulla lanterna dorata della Cupola, collocasse una vetrata rosa fucsia nell’oculo della facciata di Santa Maria Novella. Sia chiaro, in arte tutto è lecito: e chiunque è libero di intendere il rapporto tra presente […]