La riforma costituzionale approvata dalle Camere e sottoposta a referendum nel prossimo autunno, con date altalenanti, a seconda delle convenienze politiche contingenti, a dimostrazione della sua vacuità costituzionale, non è stata, a mio avviso, né meditata né valutata adeguatamente. In particolare, con riferimento al Titolo V, la riforma opera tre scelte molto serie, che avrebbero meritato ampio dibattito, a tutti i livelli, anche con le forze sociali. In primo luogo, è abolita la potestà legislativa concorrente regionale, la quale prevede che spetta allo Stato la fissazione dei principi fondamentali delle materie e alle Regioni la disciplina delle stesse. Si indica, infatti, una lunga serie di materie di competenza esclusiva statale, affidando quella residuale alle Regioni, ma è difficile individuare materie non riconducibili al primo elenco. Quando poi si passa all’enumerazione delle “materie” di potestà regionale, ci si trova in realtà di fronte a “non materie”, relative a “programmazione”, “valorizzazione”, “promozione” e “organizzazione” di ambiti disciplinati dallo Stato. Si torna quindi indietro rispetto alla precedente riforma, che promuoveva le autonomie e, pur potendosi anche sostenere l’opportunità (peraltro non condivisibile) di una abolizione delle Regioni (analogamente a quanto avvenuto per le Province), attesi i risultati complessivamente insoddisfacenti del sistema, occorre che una operazione di questo tipo sia adeguatamente ponderata e discussa, come invece non è avvenuto. In secondo luogo, viene introdotta la cd. “clausola di supremazia”, che costituisce la sostanziale abolizione della potestà legislativa regionale, consentendo sempre l’intervento della legge dello Stato, “in materie non riservate alla legislazione esclusiva, quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. In relazione alla predetta clausola, occorre chiedersi chi stabilisce quali siano e in che cosa consistano l’interesse nazionale e le esigenze di unità economica, fermo restando che non sussistono (nè sono mai esistiti) dubbi sull’unità giuridica. Sarà evidentemente […]