È ragionevole vendere carceri storiche come San Vittore e Regina Coeli per aprirne di nuove in periferia?
Il piano del governo irrompe nella campagna elettorale delle amministrative.
E divide.
«È un progetto giusto che il Comune deve favorire», si schiera subito il candidato sindaco del centrodestra a Milano, Stefano Parisi.
«La mia priorità è di trovare una soluzione per mettere a posto quello già esistente – ribatte il suo avversario di centrosinistra, Giuseppe Sala – Una vendita senza vincoli mi fa veramente paura».
E dubbi arrivano anche da sindacati e associazioni, oltre che da un esperto del dossier carceri come il senatore dem Luigi Manconi: «Le condizioni strutturali di San Vittore e Regina Coeli sono pessime – premette – ma penso che la soluzione debba essere una profonda opera di risanamento, ristrutturazione e manutenzione degli istituti.
Spostarli causerebbe gravi difficoltà per chi deve raggiungerli: familiari dei detenuti, avvocati, personale e associazioni».
L’idea dell’esecutivo è di vendere le carceri a Cassa depositi e prestiti, che li destinerà al mercato immobiliare. Un piano non necessariamente da bocciare, sostiene il Garante dei detenuti Mauro Palma: «Per affrontare il problema della qualità della detenzione, è chiaro che la questione dello spazio non è neutrale.
Una riflessione su dove collocare il carcere è dunque ineluttabile.
L’importante è mettersi d’accordo sul concetto di periferia: l’istituto deve comunque essere parte della città, collegato strutturalmente e concettualmente.
Altrimenti non mi trova d’accordo».
Cauto, ma senza entusiasmo è anche il primo cittadino di Napoli, Luigi de Magistris: «In questo paese non abbiamo carceri all’altezza di un paese democratico, si è fatto tanto ma ancora tanto va fatto».
Anche il mondo politico si schiera.
D’accordo con il piano governativo è Maurizio Lupi (Ncd): «San Vittore è ormai obsoleto».
Contrari invece la berlusconiana Renata Polverini – «vendere Regina Coeli sarebbe un insulto a Roma» – e Daniele Farina di Sinistra Italiana: «È un disegno di tutti i governi di centrodestra». Marco Cappato, presidente di Radicali italiani, è sulla stessa linea: «La proposta del ministro Orlando sembra più rivolta alla speculazione immobiliare che non a rendere vivibili le carceri, che devono restare dove sono».
Non basta insomma spostare gli istituti per migliorare la condizione dei detenuti: «Conosco le difficoltà di alcune carceri storiche – rileva Daniela de Robert, del collegio del Garante dei detenuti – ma per favorire il reinserimento dei detenuti costruisci nuovi istituti fuori dal mondo?». Non la prende bene neanche un’associazione che si occupa di detenuti come Antigone: «Il rischio è creare carceri-ghetto».
Chiude il cerchio sempre Manconi: «Alla resa dei conti, si rischia di produrre un’architettura e un’ingegneria della rimozione del male – questo si pensa essere il contenuto del carcere – allontanandolo dallo sguardo dei cittadini. E dunque provocando un’ulteriore separazione».
(Articolo di Tommaso Ciriaco, pubblicato con questo titolo il 29 maggio 2016 su “la Repubblica”)