Prof. Daniele Granara Ogni qual volta il Giudice di appello riforma una sentenza di condanna in primo grado, riprende vigore sulla stampa la singolare polemica, intrisa di malinteso giustizialismo, sull’esercizio della giurisdizione, culminante nell’auspicio della trasformazione del giudizio d’appello in una circostanza del tutto eccezionale. In altri termini, lo strumento essenziale di garanzia (in ogni tipo di giudizio, sia penale, sia civile, sia amministrativo), costituito da un secondo grado di merito, comporterebbe una sorta di deresponsabilizzazione dei giudici di primo grado e lo sconcerto dell’opinione pubblica per decisioni contrastanti. La predetta ricostruzione non solo non è condivisibile, ma è anche pericolosa. In primo luogo, la stessa previsione di un giudizio di appello, storicamente assicurato in tutti i Paesi civili, implica un approfondimento ed una rimeditazione delle risultanze del primo grado, alla luce delle critiche e delle obiezioni formulate dall’appellante. Ciò comporta, normalmente, una valutazione delle prove e del caso sottoposto alla giurisdizione, più sicura e, spesso, operata con maggiore saggezza e cognizione. Ne consegue la riconduzione a giustizia dell’esito processuale, che l’inesperienza di giudici di primo grado non ha raggiunto. Non ci si deve stupire se proliferano le impugnazioni; molto spesso esse sono provocate non da intenti dilatori delle parti, che il giudice ha il dovere di sanzionare, ma da errori contenuti nelle prime sentenze, purtroppo non sempre rimediati. L’appello, pertanto, costituisce l’unico mezzo a disposizione delle parti, per evitare l’arbitrio del giudice. In secondo luogo, l’opinione pubblica dovrebbe essere informata su tale stato di cose e non avrebbe allora alcun motivo di stupirsi per il ribaltamento di una sentenza in appello, ma proverebbe un senso di attenzione e di fiducia nei confronti dell’impugnazione, tesa a raggiungere l’auspicato risultato di giustizia. Da ultimo, ma non in ordine di importanza, è opinione tanto diffusa quanto infondata, quella che afferma l’inesistenza […]