Se un provvedimento come questo, firmato ieri l’altro dal soprintendente archeologico di Roma, fosse uscito sotto Bondi ci sarebbe stata la rivoluzione.
Ringrazio la Cgil per avermelo fatto conoscere, e lo pubblico qua sotto.
Questa inaudita circolare vieta ai dipendenti di parlare con la stampa della ‘deforma’ del Ministero per i Beni culturali voluta da Franceschini.
Mentre la protesta si fa internazionale, mentre si avvicina lo sciopero, il Ministero non trova nulla di meglio che mettere il bavaglio agli archeologi: sarebbe come se si fosse proibito ai professori universitari di dire la loro sulla (devastante) riforma Berlinguer, o agli insegnanti di parlare della (altrettanto devastante) #buonascuola.
I funzionari delle soprintendenze non sono dei grigi passacarte, né gli impiegati di una multinazionale che deve difendere la sua immagine.
Sono, invece, ricercatori al servizio del pubblico interesse: e l’oggetto della loro ricerca è la tutela del patrimonio.
La libertà di esprimersi su tutto ciò è dunque garantita dalla Costituzione.
Noi paghiamo lo stipendio (miserabile, peraltro) dei soprintendenti perché difendano il nostro patrimonio dalle pressioni del potere politico e di quello economico.
Ora tutto questo viene spazzato via dalla Legge Madia che sottopone i soprintendenti ai prefetti, cioè ai rappresentanti del potere esecutivo.
A questo è funzionale la riduzione delle soprintendenze da tre ad una sola: perché una testa si piega, e si taglia, meglio di tre.
Il bavaglio ai soprintendenti è un altro, odioso, passo in questa direzione.
Ed è un attacco diretto alla democrazia, e agli interessi dei cittadini: perché mira a far tacere coloro che più e meglio di tutti possono spiegare come e perché la ‘deforma’ Franceschini uccide la tutela del patrimonio.
Coprire le statue antiche, imbavagliare gli archeologi: c’è del metodo, in questa follia.
(Articolo di Tomaso Montanari pubblicato con questo titolo il 3 febbraio 2016 sul blog “Articolo 9” del sito “la Repubblica”)