A Torchiarolo, in provincia di Brindisi, i fusti degli ulivi millenari si intrecciano e creano sagome che non hanno nulla da invidiare alle sculture di Rodin. Dietro questo paesaggio di giganti plurisecolari che attirano l’attenzione dei forestieri e dei turisti, c’è un’economia olivicola che da S. Maria di Leuca a Torre Maggiore raggiunge i 492 milioni di euro l’anno, l’equivalente del 35% dell’olio d’oliva nazionale e pari a 183 mila tonnellate per 190 mila aziende. La pianta di ulivo coltivata dagli antichi Messapi nel VIII secolo a. C., oltre ad essere una risorsa paesaggistica e un polmone verde che incrementa il fascino del tacco peninsulare è una vitale risorsa economica, un patrimonio che da sempre ha garantito “autonomia” e “autosufficienza”, ma anche “misura”, nello stile di vita profondamente meridiano che una produzione tanto lenta come quella olivicola richiede. Sappiamo bene, tuttavia, che questi retaggi sono scomodi nel contesto di un’economia globalizzata, impegnata nella spartizione radicale di aree di produzione e aree di consumo per gestire al meglio prezzi e andamenti di mercato. Così anche alla Puglia, in bilico tra dispositivo globale e malapolitica locale, si chiede di sacrificare a questo processo parte della propria identità. La de-agricolturizzazione della terra dei fumi dell’Ilva, si deve ad un soggetto sconosciuto nello spazio comunitario: la Xylella fastidiosa, un batterio fitopatogeno che a detta degli esperti ottura i vasi xylematici, ossia le “condutture” che trasportano la linfa dalle radici alle foglie dell’ulivo, e provoca un imbrunimento della chioma. Questi sintomi del CoDiRO (complesso del disseccamento rapido dell’olivo) tuttavia, sono sempre stati attribuiti ad altri fattori: lepidotteri, funghi, uso improprio di pesticidi e diserbanti. Più in generale, però, si possono assegnare all’incuria nei confronti delle piante. Questo dato non ha inciso sulle opinioni del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e dell’università di Bari, che hanno attribuito, senza troppe certezze scientifiche, il CoDiRO alla Xylella fastidiosa, batterio incluso nella lista stilata dall’Ue sugli […]